Arrestato lo stupratore del Viminale: è un immigrato romeno già espulso dall’Italia nel 2015 per rapina
È stato catturato dopo sole 24 ore lo stupratore del Viminale, si tratta di Diaman Danut Suli, un immigrato romeno già espulso dall’Italia per rapina. La belva si è pure giustificata: «Non l’ho violentata, è stato un rapporto consenziente». Le numerose ecchimosi e alcune lacerazioni refertate all’ospedale San Giovanni, però, dicono il contrario.
Roma Donna stuprata a un passo dal Viminale. Preso il violentatore, un romeno di 37 anni con precedenti penali.
Gli agenti sono arrivati a lui per mezzo del telefonino sottratto alla vittima assieme al suo portafogli con 70 euro. Nella baracca in zona Montemario con lui c’erano altre persone, due nordafricani. A inchiodarlo il cappellino da baseball ripreso dalle telecamere di sorveglianza. La donna, inoltre lo avrebbe riconosciuto senza ombra di dubbio.
Davanti al pm, Stefano Pizza, l’uomo si sarebbe difeso: «Non l’ho violentata, è stato un rapporto consenziente». Le numerose ecchimosi e alcune lacerazioni refertate all’ospedale San Giovanni, però, dicono il contrario. In attesa dei riscontri di laboratorio che confermerebbero il quadro ricostruito dalla squadra mobile di Roma, l’uomo è in carcere con le accuse di violenza carnale, lesioni e rapina. Succede tutto tra martedì e mercoledì quando i due, conosciuti in zona stazione Termini, decidono di passare la sera insieme. Si danno appuntamento in via Agostino Depretis, in un bar aperto fino a tardi in zona Viminale. I due mangiano e bevono alcol in quantità. «Aveva fame – spiega la donna, che bada a un’anziana nello stesso quartiere – gli ho comprato tramezzini e pizza». Una persona definita dagli inquirenti estremamente fragile psicologicamente la 54enne, fragile quanto ingenua. Il romeno, a un certo punto, la porta in una zona buia, coperta da alcuni ombrelloni. E qui, è mezzanotte, si consuma la violenza. Lasciata la donna su un tavolino, l’uomo si allontana in tutta calma portando con sé telefono e portafogli strappati alla poveretta. La donna è a terra, semincosciente. Passeranno altre tre ore fino a quando riuscirà ad alzarsi e a chiedere aiuto.
Si avvicina all’ingresso principale del ministero dell’Interno, punta verso la postazione con gli agenti di guardia e racconta cosa le è accaduto. Perde sangue, è sporca e sconvolta: viene soccorsa immediatamente e portata in ospedale. Qui i medici non possono che confermare la sua versione: stupro.
L’arrestato, che ammette il rapporto sessuale, continua a negare la violenza. In serata gli agenti avrebbero setacciato la baraccopoli alla ricerca di altre prove e, soprattutto, per individuare clandestini.
Sono passati 11 anni dall’omicidio di Giovanna Reggiani, 47 anni, stuprata e ucciso da un romeno alla stazione di Tor di Quinto. E la Capitale è sempre più insicura. La donna, moglie di un capitano di vascello della Marina Italiana, rientra a casa dopo un pomeriggio di shopping in centro. Romulus Nicolae Mailat, un muratore romeno di 24 anni che vive nel campo rom lì accanto, la strattona e la trascina in un fosso. Dopo averla massacrata di botte, lo stupro. La Reggiani morirà in ospedale dopo 24 ore di agonia.