“Autolesionismo ideologico. Mortificare la religione può portare a distruggerci”
Dopo le polemiche degli ultimi giorni, la Commissione europea ha ritirato le linee guida sulla comunicazione esterna e interna dell’Ue contenenti la raccomandazione di non utilizzare nomi tipici di una religione (come Maria e Giovanni) e di non usare l’espressione Buon Natale. La proposta era stata avanzata dalla commissaria Ue all’Uguaglianza Helena Dalli. Soddisfazione per la revoca delle linee guida viene espressa al Giornale da monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina e vicepresidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea (Comece).
La Commissione Ue ha ritirato il testo. Siete soddisfatti?
«Senza dubbio è da ritenere positiva la decisione di ritirare le linee guida. Soddisfatti è una parola grossa, perché comunque esse sono un ulteriore segnale di un atteggiamento e di una cultura che non aiutano il cammino dei popoli europei verso una Unione sempre più piena».
Cosa non vi piaceva di questo documento?
«Credo condividiamo tutti la preoccupazione perché nessuno si senta e sia escluso nelle nostre società democratiche. Tuttavia ciò che rivela una vicenda come questa è ancora una volta l’autocensura e l’autolesionismo in cui si risolve il perseguimento di obiettivi come l’inclusività quando esso viene compiuto in maniera e per ragioni ideologiche. Se nel passato si è talvolta commesso l’errore di cancellare l’altro in nome della propria identità, non si corregge la rotta cancellando se stessi in nome dello spazio da fare all’altro. La cancellazione delle differenze non produce uguaglianza, ma indifferenza e indistinzione, e quindi confusione e disuguaglianza per tutti. Il problema è imparare a convivere con chi è diverso da noi rispettandosi a vicenda e rispettando le regole comuni che fanno stare insieme; e, anzi, se possibile, cercando di trovare obiettivi comuni per costruire una società davvero inclusiva, nella quale ci si rispetta e ci si arricchisce a vicenda».
Il Comece ha espresso preoccupazione per il pregiudizio antireligioso che ha caratterizzato alcuni passaggi della bozza di documento.
«L’impressione è che continui ad agire una diffidenza nei confronti della religione. Se essa in passato è stata utilizzata per fomentare divisioni, oggi essa ha mostrato di essere in larga misura una risorsa anche per la collettività, e non solo per i singoli. Una società senza religione e senza religioni non sarà certo una società migliore, perché essa esprime una dimensione costitutiva, e perciò incancellabile, dell’umano. Si tratta piuttosto di integrarla in una interazione che, come è largamente dimostrato da una infinità di esempi, può solo rendere migliore la convivenza. Mortificarla o, peggio, negarla, ha solo un effetto alienante, se non distruttivo, per tutti».
Siete preoccupati della deriva anti-cristiana europeista?
«Non credo si debba essere preoccupati, poiché non si può parlare di una generale deriva, ma di correnti di pensiero e di filoni culturali, che immaginano una impossibile società neutra nella quale le motivazioni ideali, e quindi anche religiose, sono così private da apparire inesistenti».
E sul più complesso tema dell’identità di genere?
«Anche su questo delicato tema non si tratta di essere preoccupati. Siamo parte attiva di un dialogo sociale nel quale portiamo l’attenzione al rispetto delle persone e di ogni persona. Che anche il genere sia uno spazio nel quale la persona deve essere se stessa, con consapevolezza e libertà, ma anche con responsabilità verso gli altri, è qualcosa che merita attenta considerazione. Ciò che non deve venir meno è il dialogo interpersonale e sociale, senza pregiudiziali e senza esclusioni di sorta».