Muore in Moldavia dopo l’intervento di fecondazione in vitro: in Italia troppi ostacoli alla procreazione assistita
Il desiderio di avere un figlio si è concluso tragicamente per una coppia di Chivasso, Torino, volata in Moldavia per accedere alla fecondazione assistita. Cristina Toncu, 30 anni, è morta a seguito di un arresto cardiaco, come riferiscono i medici della clinica che hanno eseguito l’intervento. Dopo essere stata rianimata, la giovane non si è più svegliata. Indaga la Procura di Chisinau, dopo la denuncia del marito, Stefan Sirbulet.
In Italia, nonostante le pronunce della Corte Costituzionale, rimane la disparità di accesso alle tecniche di fecondazione assistita e costi altissimi. Una situazione che spinge molti cittadini a ricorrere a cliniche all’estero, con il “turismo procreativo” che coinvolge migliaia di persone.
Muore a 30 anni dopo l’operazione per la fecondazione assistita
Volevano avere un figlio, Cristina Toncu e Stefan Sirbulet, coppia originaria della Moldavia ma residente a Chivasso, Torino. Lei cake designer, lui elettricista, dopo 4 anni di tentativi e molte incertezze avevano deciso di ricorrere alla fecondazione assistita. Così Cristina era volta in una rinomata clinica a Chisinau, un centro di rilievo per la fecondazione in vitro, per iniziare la cura ormonale.
Il 28 agosto si stava sottoponendo alla procedura di estrazione degli ovociti, che sarebbe dovuta durare una ventina di minuti, quando qualcosa è andato storto.
“Mi hanno chiamato 3 ore dopo l’inizio dell’operazione e mi hanno detto che il cuore di Cristina si era fermato“, ha spiegato Stefan Sirbulet in conferenza stampa. Il medico gli avrebbe assicurato che il lavoro era stato fatto bene, non ci sarebbero state complicazioni. I medici sono riusciti a rianimare Cristina, ma la 30enne non si è più svegliata: “Mi hanno detto di stare calmo, che si sarebbe risolto tutto nel giro di 2 settimane“.
La denuncia del marito e le indagini sulla clinica in Moldavia
Nonostante il ricovero in un’altra struttura ospedaliera, le condizioni di Cristina Toncu erano disperate. Morte cerebrale a cui è seguito il collasso degli organi, fino al decesso il 2 settembre. Il marito della cake designer ha denunciato quanto accaduto alle autorità in Moldavia e ora la Procura di Chisinau indaga sulle circostanze della morte. Cristina Toncu sarebbe stata in buona salute, assicurano i familiari, che avrebbero chiesto l’intervento del Ministero della Salute.
Fecondazione assistita in Italia: ancora troppi ostacoli
La coppia di Chivasso, come moltissime altre in Italia, aveva scelto di procedere con la fecondazione assistita all’estero, dove la procedura sarebbe costata 5 volte meno rispetto all’Italia. Nel nostro Paese, la legge che regola la procreazione medicalmente assistita risale al 2004, e prevede diverse opzioni terapeutiche: di I livello, poco invasive, e di II livello, più complesse, categoria in cui rientra la fecondazione in vitro.
Gli interventi nel corso degli anni sulla normativa sono stati diversi, il più importante quello della Corte Costituzionale, che nel 2014 ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa (che prevede un donatore esterno alla coppia).
Purtroppo, accedere alla fecondazione assistita in Italia è ancora molto difficile, caratterizzata da diseguaglianze regionali, altissimi costi e tempi di attesa troppo dilatati. L’età media delle donne che ricorre alla fecondazione assistita è di 36,7 anni. Per questo, i 4 anni di media che passano tra la diagnosi e il trattamento sono insostenibili per molte coppie.
I costi della fecondazione assistita in Italia
A mettere in luce le problematiche principali è Luca Mencaglia, presidente della Fondazione della procreazione medicalmente assistita nel comunicato stampa sulla Relazione 2020 del Ministero della Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 40/2004.
“Tra Regioni del Nord e del Sud continua ad esservi un profondo divario nelle condizioni di accesso delle coppie infertili“, dichiara il prof. Mencaglia, sia perché “vi sono aree del Paese ove la PMA è ricompresa nei Lea Regionali e altre in cui è a totale carico dei pazienti“.
I costi di queste procedure, la maggior parte delle quali eseguite in centri privati per la mancanza di strutture pubbliche, si aggira tra i 5mila e gli 8mila euro, di cui il rimborso dell’Asl copre solo 2mila euro. In alcune Regioni, però, si arriva anche sopra i 10mila euro, problema che non viene risolto con la mobilità interregionale dato che “molte Regioni non possono neppure rimborsare ai propri cittadini il costo della prestazione eseguita altrove“, spiega Mencaglia.
L’importazione dei gameti dall’estero e il “turismo procreativo”
Altro punto che vede l’Italia arretrata sulla fecondazione assistita è la dipendenza dai gameti dall’estero. Sono pochi i donatori nostrani, e i gameti vengono quindi forniti congelati. Manca, inoltre, un Registro nazionale dei donatori. Queste criticità spingono ogni anno circa 3mila connazionali a rivolgersi a centri esteri per la procreazione assistita, anche perché in Italia non è consentita a donne single e coppie omosessuali.
Il nodo della maternità surrogata
La maternità surrogata (chiamata spregiativamente “utero in affitto”) è vietata in Italia proprio dalla legge 40/2004, per cui costituisce reato. Non è però punibile chi vi ricorre in Paesi dove è legale, affermando ancora una volta disparità nel riconoscimento dei diritti riproduttivi tra i cittadini. Non tutti, infatti, possono ricorrere a questa tecnica per mancanza di possibilità economiche. La Corte Costituzionale ha più volte invitato il legislatore a sanare un vuoto normativo sull’argomento, così come a uniformare i costi della fecondazione assistita. Questi appelli, però, sono però caduti nel vuoto.