Eugenio Fasano, il Maresciallo dei carabinieri morto d’infarto dopo il calcetto? Non proprio, “11 costole rotte”: terribili sospetti
Una morte drammatica quanto misteriosa quella del maresciallo Eugenio Fasano. Il carabiniere si era appena tolto le scarpette da calcetto con cui aveva giocato assieme ai colleghi quando ha perso i sensi. E una banale partita si è trasformata in tragedia: Fasano è morto due giorni dopo all’ospedale Umberto I di Roma, il 24 gennaio 2019. Eppure qualcosa non torna. I familiari hanno presentato denuncia, convinti che “l’arresto cardio-circolatorio in infarto miocardio acuto” diagnosticato al maresciallo sia stato in realtà scatenato dalle gravi lesioni indicate nella sua cartella clinica. Qui ci sono almeno 11 costole fratturate, un’arteria rotta, un polmone e lo sterno perforati, che farebbero pensare a “un’aggressione violenta” e non solo a una manovra di soccorso maldestra.
Dettagli che portano la sostituta procuratrice Roberta Capponi a pensare a un reato ben preciso: omicidio colposo. Dalle 14 del 22 gennaio, giorno in cui il 43enne è entrato in campo, i familiari non hanno più avuto sue notizie. Ad oggi – ricorda Repubblica – non sono ancora riusciti a capire con chi Eugenio abbia giocato la sua ultima partita. Quel giorno sono arrivate sul posto due ambulanze. Alla stessa ora però un medico, un colonnello dell’Arma, era già nello spogliatoio del circolo sportivo con un defibrillatore. Da qui il dubbio dei parenti che ora si chiedono se quel dottore sia stato chiamato prima del 118, e perché: “Nell’accedere al Pronto soccorso – scrive la cognata Teresa Afiero nella denuncia- capisco subito che è successo qualcosa di molto grave, perché è pieno di carabinieri in divisa e non, di ogni ordine e grado”.
Eppure “nonostante la numerosa presenza di ufficiali e generali dell’Arma, che sono arrivati con l’ambulanza e molti di loro erano presenti anche sul campo da calcio e nello spogliatoio (), nessuno è stato in grado di dare le generalità di mio cognato”. Il maresciallo viene addirittura registrato come “ignoto 2019014801”. I medici “mi facevano notare che era arrivato in ospedale molto in ritardo rispetto a quando aveva perso i sensi: alle 16,46, cioè circa un’ora e 46 minuti dopo”. Ora la sua famiglia fa un appello: “Chi sa, parli”.