Il ministero fu avvisato del pericolo sul ponte. Trema anche Toninelli
Le possibili responsabilità del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel crollo del ponte Morandi.
Sotto la lente degli inquirenti finiscono nuovi elementi utili a capire se e quanto gli uffici ministeriali fossero consapevoli del pericolo sul viadotto di Genova. E le eventuali misure che potevano essere attivate. L’ultimo documento all’attenzione dei magistrati è stato sequestrato insieme con molti altri due giorni fa dalla Guardia di finanza. È datato 11 giugno, dieci giorni dopo il giuramento del nuovo governo gialloverde e l’insediamento del neo ministro Danilo Toninelli. Si tratta del decreto, come ha rivelato ieri il Corriere, con cui la Direzione di vigilanza sulle concessioni autostradali ha dato il via libera al progetto esecutivo di rinforzo degli stralli del viadotto, presentato da Autostrade.
I lavori sarebbero dovuti partire a settembre, per sopperire «alla progressiva perdita di funzionalità relativa alle pile 9 (quella crollata, ndr) e 10 del Polcevera», riporta l’ufficio del ministero nel parere favorevole: «L’intervento proposto allunga la vita degli stralli, fondamentali per la statica del ponte». Un rinforzo fondamentale. È proprio sull’iter autorizzativo di tale intervento, passato al vaglio di ministero e provveditorato per le opere pubbliche, che si concentrano le attenzioni degli inquirenti per individuare eventuali falle nella valutazione del pericolo e della mancata chiusura del viadotto. Nelle carte che sono rimbalzate tra Autostrade, il suo vigilante, e il comitato tecnico del provveditorato emergono tutte le criticità rilevate sullo stato del ponte.
Il progetto di rinforzo approda sul tavolo degli uffici del ministero il 13 marzo, dopo il nulla osta ricevuto il 1° febbraio dal comitato tecnico. Un verbale sequestrato dagli inquirenti, perché nel dare via libera ai lavori il provveditorato si era anche soffermato sui metodi «fallaci» usati da Autostrade per valutare la robustezza e la tenuta del calcestruzzo. Lasciando presagire che il deterioramento del viadotto potesse essere superiore a quanto rilevato. Ma è durante l’attesa dell’approvazione del progetto dal ministero, che arriverà solo quattro mesi dopo, che emerge l’«urgenza» di rinforzare il ponte.
È la stessa Autostrade a sollecitare un’accelerazione burocratica per partire coi lavori: il 28 febbraio, rivela l’Espresso, la concessionaria scriveva al ministero segnalando l’«urgenza che riveste la conclusione dell’iter approvativo dell’intervento» al fine di un «incremento di sicurezza necessario sul viadotto Polcevera». Una comunicazione ordinaria, secondo Autostrade. Un allarme inascoltato, secondo altri. Eppure tra tutte queste mail, contatti e pareri non ci sarebbe traccia di prescrizioni rispetto a sospensioni o riduzioni del traffico sul ponte che avrebbero potuto evitare la tragedia.
Sulle ragioni del crollo, il procuratore capo Francesco Cozzi ha bollato come «delirante» l’ipotesi di un attentato rilanciata ieri da Enzo Siviero, 73 anni, un ingegnere padovano ed ex docente all’Università di Venezia: «La dinamica è compatibile – ha dichiarato il professore -. Se sono state messe delle microcariche di un certo tipo, in pochi secondi salta. È un’ipotesi che valuto sopra il 50%». «Nessuna evidenza di esplosione, né tracce di bombole di acetilene – precisa Cozzi – Si parla di lampi e fulmini. Valutiamo tutto ma non le ipotesi fantasiose».