Lo strano silenzio di Joe Biden sull’assalitore islamico di Capitol Hill
Come cambia la narrazione a seconda di chi commette un reato o un atto violento. Se si tratta di un bianco, diventa immediatamente un suprematista, magari sostenitore dell’ex Presidente Donald Trump, e subito parte la grancassa mediatica indignata di tutta la stampa liberal-progressista; se si tratta di un afroamericano, perdipiù musulmano, subito si mettono in dubbio le facoltà psichiche del soggetto in questione e si esclude immediatamente la matrice fanatico-religiosa.
Magari cercando di compatirlo. È il caso di Noah Green, il 25enne dell’Indiana che venerdì scorso si è lanciato con l’auto in un attacco a Capitol Hill a Washington, uccidendo l’agente di polizia William Evans e ferendone un altro. Discepolo della Nation of Islam, la setta islamica militare nata a Detroit negli anni 30 del secolo scorso, Green è rimasto ucciso dopo aver tentato di accoltellare gli agenti intervenuti per fermarlo.
Il silenzio di Joe Biden
Terrorismo? Certo che no, guai a pronunciare quella parola. Il fatto che Noah Green appartenesse a una setta islamista non c’entra nulla, per tutta la grande stampa progressista d’America. E anche il Presidente Usa Joe Biden sembra sposare questa tesi, limitandosi a dirsi addolorato per l’accaduto. “Jill e io siamo affranti per il violento attacco al checkpoint di sicurezza al Campidoglio Usa, in cui l’agente William Evans della Capitol Police è stato ucciso e un suo collega è rimasto ferito lottando per la vita” ha dichiarato il 2 aprile commentando l’attacco a Capitol Hill da Camp David, in Maryland, dove si trova per le vacanze di Pasqua. “Mandiamo le nostre sincere condoglianze alla famiglia dell’agente Evans e a tutti coloro ne piangono la perdita” ha aggiunto Biden. Insomma, è stato un “attacco violento”, e non terrorismo. Curioso, perché la biografia di Noah Green sembra dire altro. Capitol Hill, auto su barriere e spari vicino alla sede del Congresso americano. Le immaginiPubblica sul tuo sito
Chi era Noah Green, l’assalitore di Capitol Hill
Sui social, infatti, oltre a esprimere timori verso l’Fbi e la Cia, Noah Green si professava un ammiratore e seguace di Louis Farrakhan, il leader della setta islamista Nation of Islam al centro di polemiche per alcuni suoi discorsi considerati antisemiti, omofobi e misogini. “Il governo Usa è il nemico numero uno delle persone nere”, si legge in una didascalia del video. In un altro post su Instagram, la scorsa settimana l’uomo aveva scritto che credeva che Farrakhan lo avesse salvato dopo terribili problemi “di cui ho sofferto presumibilmente da parte di Cia e Fbi, agenzie del governo degli Stati Uniti d’America”. Rispondendo a un commento a questo post – spiega la Cnn – Green aveva scritto: “Ho subito numerosi scassinamenti a casa, avvelenamenti di cibo, aggressioni, operazioni non autorizzate in ospedale, controllo della mente”.
Noah Green, fa notare suo fratello Brendan, “soffriva di paranoia almeno dal 2019” e “aveva pensieri suicidi”. Un mantra che sentiamo ogni volta che parliamo di un potenziale attentatore islamista. Paranoico forse sì, ma completamente pazzo tanto da non essere in grado né di intendere né di volere, assolutamente no. Come riporta l’agenzia LaPresse, infatti, Green si era laureato nel 2019 alla Christopher Newport University di Newport News, Virginia, in finanza. Curioso che un “matto” sia arrivato a un risultato del genere. Secondo quanto risulta da una biografia online dell’università, aggiunge la Cnn, era nato a Fairlea, in West Virginia, e “il personaggio storico che avrebbe voluto incontrare più d’ogni altro è Malcom X”. In un post del 17 marzo su Facebook, firmato ‘Fratello Noah X’, il giovane aveva scritto che credeva che Farrakhan fosse “Gesù, il Messia” e che fosse uno “strumento per il mio risveglio e il lavoro della vita”. In poche parole un fanatico, rispetto al quale l’America progressista ha deciso di stendere il suo velo d’ipocrisia perbenista.