Giulio Sapelli, la sua verità sulla fine di Giuseppe Conte: “Scelta che viene da lontano. Ricordate i soldati russi?”
Giulio Sapelli, storico ed economista costantemente vicino alla politica (tre anni fa Salvini e Di Maio avevano pensato a lui come presidente del consiglio) ha sempre rappresentato una autorevole voce critica nei confronti di questa Unione europea inefficiente e burocratica. L’euro considerato un marco travestito. Ora Mario Draghi, ex capo della Bce, diventa presidente del Consiglio. Un salto di parametro notevole.
Professore come giudica l’arrivo di Draghi a Palazzo Chigi?
«Una notizia molto positiva. Un po’ come Martin Guzman che da ministro dell’Economia argentino sta trattando la ristrutturazione del debito con il Fondo Monetario. Anche lui come Draghi non c’entra niente con la maggioranza che esprime il governo. Entrambi hanno messo le loro competenze al servizio del Paese».
L’Argentina sempre nel cuore come tempi in cui insegnava a Buenos Aires.
«L’Argentina è stato uno dei Paesi più ricchi del mondo. I populisti l’hanno portata al fallimento . Il compito di Draghi è quello di evitare all’Italia lo stesso destino».
Lo conosce bene?
«Eravamo entrambi nel consiglio d’amministrazione dell’Eni. Nei suoi interventi era sempre affabile, garbato, puntuale. Visto che non riuscivo a dimagrire mi mandava i biglietti con le diete. Ora dovrà mettere in riga l’Italia».
Draghi come Monti?
«Chi lo dice non ha capito proprio niente»,
Monti doveva tagliare mentre Draghi dovrà spendere Tutto qui?
«La differenza viene dalla diversa formazione»
Draghi ha studiato con Federico Caffè economista keynesiano e Monti alla Bocconi. Entrambi però espressione delle élite globaliste oggi sotto accusa.
«La diversità nasce da più lontano. Entrambi hanno frequentato i gesuiti: Draghi al Massimo di Roma e Monti al Leone XIII di Milano. I primi insegnavano il cosmopolitismo e nel loro album c’è l’evangelizzazione del Sudamerica. Bergoglio incarna perfettamente quella tradizione. L’omaggio che gli ha riservato Draghi in Parlamento è il riconoscimento della missione sociale di questo Papa. I gesuiti di Monti erano giansenisti che coprivano con una preghiera gli errori del capitalismo».
Professore ci siamo spinti molto indietro. Guardiamo al futuro: che cosa farà il governo Draghi?
«Non era una digressione. E’ la cultura a fare gli uomini. Draghi è un servitore dello Stato. Trent’ anni fa le privatizzazioni servirono a evitare il fallimento. Oggi bisogna ripristinare la crescita»
Il dibattito indugia sulla definizione del governo: tecnico o politico?
«Politico. Draghi è un uomo della Prima Repubblica. Cerca il consenso non lo scontro. Conte era divisivo. Draghi unisce . Coltiva l’arte del compromesso. Mattarella , altro esponente della Prima Repubblica non ha avuto esitazioni a cancellare l’avvocato del popolo».
Allora è vero che moriremo tutti democristiani.
«Definirei Draghi un socialdemocratico con molti riferimenti nel mondo cattolico. Un riformista. In Banca d’Italia e poi al Tesoro ha lavorato con Ciampi che da capo del governo, l’ultimo della Prima Repubblica, ha consacrato il metodo della concertazione come stile di comando. Difficile dire che Ciampi fosse democristiano».
Da poco è in libreria il suo ultimo lavoro ( “Nella storia mondiale. Stati, mercati, guerre”). Accusa i partiti italiani d’ignoranza “perché per spiegare la nostra vita nazionale bisogna capire prima come si muove il mondo”. Che cosa vuol dire?
«Volevo dire che quelli di prima non avevano capito nulla. A cominciare da Conte. Spuntato dal nulla. Frutto della mucillagine che avvolge i palazzi romani. Coltivava l’amicizia con i cinesi di Xi. Flirtava con Putin. I soldati russi a Bergamo come “sanificatori” non credo siano piaciuti. I nostri servizi segreti incaricati di coprire i traffici fra Mosca e Trump. Ad abbattere il governo Conte è stato Renzi. Ma l’onda è partita da molto più lontano».
Il nuovo governo infatti è atlantista ed europeista.
«Draghi è un uomo potente. Apprezzato negli Usa. Temuto in Germania».
Come fa a dirlo?
«L’ex segretario al Tesoro, Timothy Geithner, nell’autobiografia racconta di essere stato incaricato da Obama di negoziare con Berlino la nomina di Draghi alla Bce».
Perchè?
«Era l’argine all’egemonia tedesca. Ancora una volta il capitalismo nordamericano ha vinto sull’ordo-liberism o teutonico»
Alla fine, però la Merkel non solo ha accettato ma ha anche fatto da sponda contro la Bundesbank e la Corte Costituzionale tedesca che non vedevano l’ora di sbarazzarsi di Draghi.
«La politica doveva salvare la catena del valore che unisce l’industria tedesca a quella italiana. Hanno provato a sostiturci con la Cina ma hanno rinunciato. Troppo alto il divario di qualità. E poi non tira bella aria da quando il regime di Xi Jinping si è messo a giustiziare i capitalisti, i tycoon e persino le mogli, accusate di adulterio».
Finito a Palazzo Chigi Draghi andrà al Quirinale?
«Tornerà a casa. Potrebbe tentarlo solo un altro incarico in Europa».
Che cosa potrebbe esserci in Europa di più importante dopo la Bce?
«Amico mio, dopo il Recovery Fund non si torna più indietro. L’Europa avrà una costituzione. Bisogna solo decidere se confederale o, come piace a me, federale sul modello Usa. A un impegno del genere Draghi non potrà sottrarsi. Soprattutto se, dopo aver salvato l’euro, avrà tirato l’Italia fuori dai guai».