Caso Palamara, 67 giudici scrivono a Mattarella: «Commissione d’inchiesta e sorteggio per il Csm»
La deflagrazione dell’effetto Palamara sulla magistratura si manifesta sotto forma di lettera aperta a Mattarella firmata da ben 67 toghe. Al capo dello Stato, i sottoscrittori dell’appello chiedono un «intervento immediato nel suo ruolo di garante della Costituzione». A firmarla, tra gli altri, Giuliano Castiglia (Palermo), Clementina Forleo (Roma), Lorenzo Matassa (Palermo), Gabriella Nuzzi (Napoli). I giudici sono partiti dalle parole pronunciate dallo stesso Mattarella davanti al Csm il 19 giugno del 2019. Il caso Palamara, con il suo carico di manovre, incontri e trame tra le diverse correnti della magistratura per accaparrarsi la Procura di Roma, era scoppiato proprio in quei giorni.
«Le Sue parole sono rimaste inevase»
Da presidente dell’organo di autogoverno, Mattarella usò espressioni e toni durissimi contro la «degenerazione correntizia» e la «commistione politica-toghe». A maggio 2020, l’intensificarsi dello scandalo, “costringe” il Quirinale a tornare sulla vicenda. Lo fece sotto forma di esortazione al Parlamento a riformare la legge per l’elezione del Csm, visto che in quel momento non avrebbe potuto determinarne lo scioglimento. «Un altro anno è passato, ma dobbiamo prendere atto che il Suo accorato auspicio è rimasto inevaso», lamentano i sottoscrittori. Nel frattempo, il libro di Palamara e Sallusti ha versato altra benzina sul fuoco. «Il quadro complessivo – proseguono – è sempre più inquietante e inaccettabile».
Solo in pochi hanno pagato per Palamara
E siamo all’oggi con i 67 giudici che propongono il «sorteggio» quale unico meccanismo in grado di «ripristinare legalità» nel Csm e di eliminare i «fattori distorsivi dell’imparzialità della funzione di autogoverno». Chiedono, inoltre, «l’allontanamento» di coloro che «non sono risultati all’altezza del compito». In gioco, spiegano, è la credibilità stessa dell’ordine giudiziario. Tanto più che a seguito dello scandalo solo una parte ha fatto un passo indietro «con le dimissioni da taluni incarichi ricoperti o con l’anticipato abbandono dell’Ordine giudiziario». Ragione per cui, «diventa sempre più flebile la speranza dell’avvio di quelle iniziative che stanno da tempo chiedendo a gran voce e che Ella ha fortemente auspicato».
«Non ci faremo strumentalizzare»
I firmatari mettono nel conto gli inevitabili tentativi di strumentalizzazione della loro iniziativa. Al di la di questa probabilità, di cui si dicono «pienamente consapevoli», i sottoscrittori ritengono che «i fatti, come pubblicamente esposti dagli organi di informazione, siano troppo gravi per rimanere inesplorati e non verificati». Insomma, la misura è colma. Al punto da indurli «ritenere auspicabile l’intervento di una Commissione Parlamentare di inchiesta volta a fare definitiva chiarezza». Il caso Palamara comincia ora.