Nichi Vendola, chiesti 5 anni di carcere: concussione nell’ambito del disastro ambientale dell’Ilva
Si mette male per Nichi Vendola, ormai ritiratosi dalla politica. Cinque anni di reclusione sono stati chiesti dalla pubblica accusa per l’ex presidente della Regione Puglia nell’ambito del processo chiamato Ambiente Svenduto per il presunto disastro ambientale negli anni di gestione della famiglia Riva.
Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva.
Nella requisitoria dell’altro giorno il pm è stato molto duro nei confronti di Vendola: “C’é stata una pesantissima intercessione verso l’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché rivedesse la relazione che la stessa Agenzia regionale per l’ambiente aveva effettuato sullo stato delle cokerie dell’Ilva di Taranto e ne attenuasse l’impostazione”, l’accusa del pm Epifani. Le altre richieste dell’accusa riguardano Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, per cui sono stati 28 e 25 anni di reclusione. Sono accusati di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari.
Le altre richieste sono: quattro anni per l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido; altrettanti per l’ex assessore provinciale Michele Conserva. Otto mesi per Donato Pentassuglia, attualmente assessore regionale. Prescrizione per l’ex sindaco Ippazio Stefàno. Diciassette anni chiesti per Lorenzo Liberti, docente del politecnico e consulente della procura; venti per Adolfo Buffo, diciassette per l’ex presidente Ilva (ed ex prefetto di Milano) Bruno Ferrante. Un anno per Giorgio Assennato. Da ricordare che l’Ilva, a luglio 2012, dopo un’inchiesta della magistratura, fu soggetta al sequestro degli impianti dell’area a caldo perché inquinanti e “fonte di malattia e morte”.