Ecco la terapia italiana anti-Covid che il governo non prende in considerazione

Gli angeli del Covid sono loro: medici, infermieri, specialisti e qualsiasi categoria di camici bianchi che, ininterrottamente da un anno, portano sul volto e sul fisico i segni del combattimento in prima linea contro la pandemia perché impegnati in turni massacranti pur di salvare vite.

È grazie a loro che l’Italia ha molti meno decessi di quelli che potrebbe aver avuto. Ma bisogna dir loro grazie anche per un altro motivo.

#TerapiadomiciliareCovid19

Se è vero che non esiste una cura definitiva contro il maledetto virus, però, esistono tanti schemi terapeutici messi a punto nel corso dei mesi dai nostri eroi che si sono riuniti nel “Comitato per le Cure Domiciliari Covid-19”, un gruppo che ormai conta più di 80mila membri creato dall’avvocato del foro di Napoli, Erich Grimaldi, fondatore e presidente del “Comitato per il diritto alla cura tempestiva domiciliare nell’epidemia di Covid”(qui il loro sito). “Sono risultata positiva il 4 gennaio e oggi 16 gennaio sono risultata negativa dopo il secondo tampone. Grazie a questo gruppo meraviglioso”; “I miei genitori dopo un mese sono finalmente usciti da questo incubo e io sono tornata a casa con loro. Ringrazio tutti i medici presenti in questo gruppo che nonostante i loro impegni si rendono disponibili per tutti noi”, sono soltanto alcuni dei messaggi che si leggono sul gruppo.

L’esercito che non è stato ascoltato

In pratica, l’enorme sforzo dei medici ha consentito di curare migliaia di pazienti con le armi già a disposizione che si trovavano in commercio. “Oggi sappiamo di più sul virus ma a marzo tutti rimanevano a casa con la tachipirina in attesa di un eventuale peggioramento. Poi siamo riusciti a capire che molti medici inizialmente non utilizzavano solo la tachipirina ma anche l’idrossiclorochina e l’azitromicina e successivamente, in caso di tromboembolia, l’eparina. Solo successivamente l’idrossiclorochina è stata proibita dall’Aifa”, afferma il fondatore Erich Grimaldi a SanitàinformazioneGrazie a loro, si sono salvate migliaia di vite e si sono ridotte a percentuali minime i ricoveri ospedalieri oltre a dare un aiuto concreto in ogni territorio regionale. Un po’ di numeri per rendere l’idea: le relazioni di soli dieci dottori del gruppo tra Lombardia, Campania, Emilia Romagna, Sicilia e Piemonte, dicono che su 906 pazienti Covid curati a domicilio con il loro schema, i decessi sono stai due e due sono stati i ricoveri.

Nonostante questo, sia da parte delle Regioni che del Governo in uscita non c’è mai stata la voglia di ascoltarli e confrontarsi con loro davanti ad un tavolo tecnico. Come riportato da Libero, soltanto dalla Lombardia, nella giornata di ieri, c’è stata una prima piccola apertura. Ormai sono più di 300 i medici che fanno parte di questo gruppo che spazia dal Nord al Sud Italia che spaziano da medici di base e specialisti a direttori di reparto e dottori di famiglia e ad aver chiesto il loro schema terapeutico sono stati in migliaia. Tra di loro spicca il Prof. Luigi Cavanna, medico piacentino, cui anche il Time ha dedicato una copertina per elogiarne lo straordinario lavoro. In Italia, però, nessuno lo ha mai invitato a sedersi a un tavolo e spiegare cosa ha utilizzato per salvare ultranovantenni dal Covid, cardiopatici e diabetici, che oggi stanno bene.

La “vittoria” sui farmaci

L’associazioni vincente dei farmaci tra cui antibiotici, cortisonici, antiinfiammatori, eparina e anche idrossiclorochina, somministrati secondo diversi protocolli, nei primi giorni del contagio assieme alcuni integratori, ha permesso di aiutare molti malati di Covid. La vittoria più clamorosa è la sentenza del Consiglio di Stato che ha consentito l’uso off label, cioè di una prescrizione non approvata ufficialmente, dell’idrossiclorochina, l’antimalarico su cui la comunità scientifica è sempre rimasta divisa. “Siamo di fronte ad una malattia sconosciuta e il medico in scienza e coscienza deve poter curare con qualsiasi tipo di farmaco potenzialmente idoneo. Su questo principio si è basato il Consiglio di Stato, è stato riconosciuto il principio della libertà prescrittiva del medico”, ha affermato l’avvocato Grimaldi.

E un’altra vittoria è giunta appena pochi giorni fa: l’approvazione della cura con gli anticorpi monoclonali a cui l’Aifa ha finalmente dato il via libera (qui il nostro pezzo). Queste due cure in particolare sono state richieste a gran voce dai nostri medici, inascoltati per mesi. Alcuni di quelli che fanno parte del consiglio scientifico del Comitato si erano già attivati con dei colleghi a Wuhan per capire in che modo avessero curato i pazienti. In questo modo è nato uno scambio positivo e propositivo grazie anche all’apporto di colleghi ospedalieri italiani, a loro volta impegnati nella medesima battaglia.

Uno schema mondiale

Ad oggi, lo schema terapeutico a cura del Comitato Cura Domiciliare Covid-19 è stato condiviso anche negli Stati Uniti da Harvey Risch, direttore del dipartimento di epidemiologia dell’Università di Yale e richiesto da Grecia, Honduras, Malta, Brasile e Perù. In Italia no, non ancora perché c’è sempre la giustificazione del “non esistono studi ufficiali”. Sembra ripetersi il paradosso dei monoclonali, da mesi prodotti in un laboratorio di Latina ed esportati all’estero. L’Italia si sveglia sempre troppo tardi, dopo gli altri.

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