Renzi, Scaramucci e Attias: quel ponte fra i Clinton e Riad
Stanno facendo molto discutere in questi ultimi giorni i rapporti fra l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi e l’Arabia Saudita, monarchia assoluta retta da un’ideologia islamica ultra-conservatrice. Renzi, infatti, è tornato lo scorso 27 gennaio a Roma da Riad dove era ospite di una conferenza di livello internazionale. È tornato in Italia a bordo di un lussuoso jet di proprietà della monarchia saudita, un Gulfstream G450 immatricolato HZ-A23 della compagnia privata Alpha Star. Come riportato da un’inchiesta del quotidiano Domani, il programma prevedeva che Renzi presenziasse a una conferenza organizzata dall’FII Institute, un organismo controllato dal fondo sovrano saudita, il Saudi public investment Fund (Pif). Un meeting sul tema degli investimenti innovativi necessari al mondo post- Covid 19, previsto per il 27 e il 28 gennaio. Appuntamento a cui Renzi doveva partecipare in presenza perché da qualche mese non è più un semplice conferenziere, ma siede – ha scoperto Domani – in uno degli advisory board (sorta di comitato consultivo) dell’ente di Stato. Secondo Domani, il contratto gli garantirebbe circa 80 mila euro l’anno.
Matteo Renzi, infatti, avrebbe dovuto prendere parte alla quarta edizione della kermesse organizzata dal Future Investment Initiative che, si legge sul sito, “segnerà il corso per il 2021, riunendo leader, investitori e politici per reinventare il nostro mondo sulla scia del Covid-19”. In pratica, una sorta di Davos del deserto organizzata dalla monarchia che in questo momento deve fare i conti con il cambio di amministrazione Usa. Com’è noto, l’amministrazione Biden ha recentemente comunicato che una “revisione delle decisioni prese sotto la presidenza Trump” ha portato la Casa Bianca a sospendere temporaneamente la vendita di armi all’Arabia Saudita e di caccia F-35 agli Emirati Arabi Uniti. Il dipartimento di Stato ha chiarito che si tratta di una “misura di routine amministrativa tipica dei processi di transizione”, ma è chiaro che per Riad non si tratta di un bel segnale: per il regno saudita è quindi necessario un riposizionamento strategico e Matteo Renzi, in qualità di membro del board dell’FII Institute, potrebbe “facilitare” il dialogo insieme agli altri personaggi del network clintoniano che siedono nello stesso board dell’ex premier e senatore.
Renzi, l’uomo del dialogo fra Biden e i sauditi?
Innanzitutto, è bene rimarcare gli eccellenti rapporti fra l’ex premier e l’attuale inquilino della Casa Bianca e, in generale, i democratici americani e tutto il circuito clintoniano. Secondo Renzi, infatti, la vittoria di Joe Biden è “una buona notizia per l’Europa, le sponde dell’Atlantico che si avvicinano, la dimostrazione che i populisti si possono battere.” Ma per il leader di Iv, come ammette lui stesso, l’elezione di Joe Biden a Presidente degli Stati Uniti significa molto, anche dal punto di vista personale. “Per me Joe è come un fratello maggiore saggio”, dice l’ex premier e leader di Italia Viva. “Per me Biden è stato un punto di riferimento vero negli anni della presidenza Obama. Ho sempre considerato Joe come la persona da chiamare quando c’era da chiedere un consiglio, quello che nei momenti di tensione ti faceva la telefonata giusta per riprendere il filo del dialogo”. Come dimenticare l’insolito appoggio di Barack Obama al referendum costituzionale del 2016 promosso proprio da Renzi? “Sta facendo le riforme in Italia, a volte incontra resistenze e inerzie ma l’economia ha mostrato segni di crescita, anche se ha ancora tanta strada da fare”, disse al tempo il presidente americano alla Casa Bianca dopo un bilaterale tra i due leader. Il Sì al referendum del 4 dicembre può “aiutare l’Italia verso un’economia più vibrante” ma Renzi, ha proseguito Obama, “deve restare in politica” a prescindere dal risultato del voto poiché rappresenta “una nuova generazione di leader non solo in Italia ma in Ue e nel mondo”.
Chi meglio di lui, dunque, per favorire il dialogo fra Riad e Washington? Come ha notato il professor Germano Dottori in un post pubblicato sui social media, “Renzi ha eccellenti relazioni con i dem americani. Viene invitato in Arabia Saudita, paese che sta subendo uno stop temporaneo alle forniture militari da parte della nuova amministrazione Usa. Credo poco al caso. Non è da escludere che Mohammed bin Salman abbia investito in una personalità che ritiene giustamente emergente in Italia e in grado di sviluppare delle interlocuzioni e veicolare messaggi verso gli Stati Uniti”.
Renzi e i legami con Attias e Scaramucci
Come nota La Verità, inoltre, è piuttosto interessante l’intervento scritto a quattro mani con Richard Attias, uomo chiave dei rapporti tra il network clintoniano e i Saud. Il Ceo del FII Institute è tra gli organizzatori e i promotori del World Economic Forum Annual Meeting at Davos, nonché del Clinton Global Initiative della Clinton Foundation: fondazione della ex coppia presidenziale che, in passato, ricevette importanti donazioni da parte del regno saudita, come riporta anche il New York Times.
Il businessman marocchino (attualmente sposato con l’ex moglie di Sarkozy, Cecilia), ha una società di consulenza, la Richard Attias & Associates, che fu acquisita al 49% da una controllata del Public investment fund, Sanabil, nel 2019. Altrettanto significativa altresì la presenza all’incontro internazionale organizzato dal Future Investment Initiative di Anthony Scaramucci, ex direttore della comunicazione della Casa Bianca e rimasto in pessimi rapporti con l’ex Presidente Donald Trump e con i repubblicani. Scaramucci, laureato in giurisprudenza di Harvard ed ex banchiere di Goldman Sachs, ha fondato nel 2005 l’hedge fund SkyBridge Capital.
SkyBridge Capital organizza ogni due anni una grande conferenza sugli investimenti, nota come Salt, negli Stati Uniti e in Asia-Medio Oriente: l’ultima, risalente al dicembre 2019, si è tenuta ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, presso l’ Emirates Palace. Conferenza alla quale partecipò anche l’ex premier Matteo Renzi, Ahmed Ali Al Sayegh, ministro di Stato e presidente esecutivo dell’ADGM, il principe Turki Al Faisal, presidente del King Faisal Center for Research and Islamic Studies e il generale John F. Kelly, capo del personale della Casa Bianca (2017 -2019), anche lui rimasto in rapporti tesi con il tycoon della Casa Bianca. È pertanto chiaro che la trasferta in Arabia Saudita dell’ex premier è ricca di significati politici che vanno al di là delle apparenze: Riad intende riposizionarsi agli occhi dell’amministrazione Biden e la monarchia saudita sembra puntare su Renzi e su tutto l’universo clintoniano presente alla Davos del Medio Oriente.