Il delirio di Toninelli: basta fondi ai giornali che parlano male di lui
Il concetto di libertà di stampa secondo Danilo Toninelli: se i giornali riportano le notizie che lo riguardano in un modo che secondo lui è scorretto, allora «ben vengano i tagli all’editoria» dice in un video sui social l’ex ministro (a sua insaputa) delle Infrastrutture, che poi annuncia non meglio precisate «nuove disposizioni per restituire ai cittadini il sacrosanto diritto di essere informati da una stampa libera e non soggetta a condizionanti interessi di parte».
Toninelli, già campione di gaffe e figuracce, ha sempre avuto un rapporto difficile con i giornalisti, peraltro un marchio di fabbrica dei Cinque Stelle che considerano attendibili soltanto i giornalisti schierati dalla loro parte o i direttori da loro piazzati in Rai, non quelli che non eseguono gli ordini di Rocco Casalino. Nel caso specifico all’ex ministro grillino non è piaciuto come i giornali hanno raccontato la sua surreale testimonianza al Tribunale di Catania per il caso Gregoretti, in cui è imputato Salvini per il presunto sequestro di persona degli immigrati a bordo della nave. Toninelli è stato chiamato a rispondere alle domande del giudice e dell’avvocato del leader leghista (collega di governo di Toninelli nel Conte 1), al fine di inquadrare il contesto in cui venivano prese le decisioni sugli sbarchi delle navi Ong cariche di clandestini. In quella testimonianza di due ore, trascritta integralmente, si contano la bellezza di 42 tra «non ricordo», «non so», «non posso ricordare», «sono passati due anni», formule da smemorato seriale dietro a cui Toninelli si è parato durante la sua testimonianza in Tribunale. Ebbene, questi «non ricordo» contati nella trascrizione integrale della sua deposizione sarebbero però una «fake news», accusa il grillino, perchè invece in ben due risposte, sventolate da lui nel video, Toninelli dice «sì, ricordo». E le altre 42 in cui invece non ricorda nulla? Non importano, e comunque non è su quelle che i giornali dovrebbero titolare, spiega Toninelli, nei panni immaginari di ministro dell’Informazione. Fosse per lui la stampa non allineata andrebbe punita, e infatti a quello pensa quando esulta per i «tagli all’editoria» (che tra l’altro non riguardano la stragrande maggioranza di quotidiani nazionali come il Giornale che non ricevono alcun finanziamento pubblico, a differenza di Toninelli che invece da otto anni riceve un lauto stipendio pagato dai contribuenti italiani). Non c’è solo l’astio personale nei confronti di Salvini, a cui lui deve la fine dell’esperienza da ministro delle Infrastrutture, ma anche verso i media che lo dipingono come uno che non ricorda cosa faceva da ministro, a neppure due anni di distanza, solo perchè in una testimonianza dice per 42 volte «non ricordo». Ecco, per Toninelli si tratta di «un caso emblematico di pessima (e scorretta) informazione», un «sovversione della realtà» e un «inganno dell’opinione pubblica in danno delle vere vittime del serio problema degli sbarchi clandestini», perciò «occorre al più presto introdurre nuove disposizioni per restituire ai cittadini il sacrosanto diritto di essere informati da una stampa libera» dice Toninelli, che lamenta anche di essere vittima di insulti e minacce sui social. Sicuramente moltissimi sono quelli, nei commenti, che gli rinfacciano la poca memoria sugli atti da ministro della Repubblica. Amarezze che, confidiamo, dimenticherà presto.