Vittorio Feltri contro Luigi Di Maio: “Pensioni, giù le mani di quei soldi. Il grillino balordo e sprovveduto”
Non è una novità che Di Maio sia uno sprovveduto, ce lo dobbiamo tenere così com’è senza illuderci che possa migliorare. Ma non pensavamo che la sua balordaggine potesse arrivare a tanto.
Egli infatti, ignorando i meccanismi che regolano il sistema pensionistico, ha progettato di stabilire un tetto massimo di 5mila euro agli assegni cosiddetti alti, quelli calcolati applicando il criterio retributivo, allo scopo di recuperare denaro per alzare quelli minimi, denominati sociali. Il che comporterebbe un fenomeno strano: togliere soldi a chi per anni ha pagato i contributi per darne a coloro che non hanno mai versato un centesimo alla previdenza. Siamo all’assurdo.
L’Inps ha un compito ben preciso fin dalla fondazione: raccogliere quattrini dai lavoratori attivi e dalle aziende che li retribuiscono per costituire un fondo da cui attingere per garantire un reddito decente a uomini e donne i quali, raggiunta una certa età, vanno in quiescenza. Si tratta di una cassa pressoché privata tenuta a gestire i fondi nell’interesse di chi li ha creati e non di chi, invece, nella vita ha sgobbato in nero o non ha mai sgobbato. Ovvio che questi ultimi non vadano condannati a morire di fame, ci mancherebbe. Ma deve essere la fiscalità generale, cioè lo Stato, a farsi carico della loro sopravvivenza. Fregare capitali agli ex lavoratori per sostenere i poveracci non è corretto. Questi vanno assistiti, certamente, ma non a spese di gente che per riscuotere a una determinata età la pensione si è vista detrarre dalla busta paga ingenti somme.
Rubare a chi ha faticato per lustri onde donare agli sfigati, pur meritevoli di aiuto, è una operazione indegna di un Paese serio, decentemente amministrato. Nossignori. Di Maio questi concetti non li ha in testa, non li afferra e non si sogna di separare la previdenza dall’assistenza, che va finanziata dall’erario e non infilando mani rapaci nelle tasche di operai e impiegati. Vero anche che il metodo retributivo si è rivelato poco idoneo, ma non è stato ideato e preteso dai dipendenti, bensì inventato dai politici, i quali ora hanno facoltà di smontarlo a una sola condizione: che la novità non abbia effetto retroattivo.
Caro Di Maio, studia e piantala di fare cazzate.