“Alleati bugiardi”, “Provocate”. Volano coltelli nel governo
Un clima teso ed incandescente nel corso del confronto a Palazzo Chigi sul Recovery Fund, iniziato poco dopo le 18:30 e a cui hanno preso parte il premier Giuseppe Conte, i capidelegazione dei partiti di maggioranza e i responsabili del Recovery (due per ogni partito). Al tavolo del governo è andato in scena uno scontro molto acceso tra Davide Faraone e il ministro Gualtieri, accusato di essersi reso protagonista di una serie di “provocazioni politiche” avendo spostato da una parte all’altra i fondi cancellando anche i progetti di Italia Viva.
“Una provocazione bella e buona”, l’ha definita il renziano puntando il dito contro il titolare dell’Economia. Faraone si sarebbe inoltre scagliato contro il presidente del Consiglio e l’intera maggioranza: “Sono parecchio indignato da questa riunione. Siete bugiardi e ipocriti. Avete creato le condizioni per una rottura”. A mandare su tutte le furie Iv – spiegano alcuni presenti all’incontro – la voce circolata a riunione in corso secondo cui il partito renziano sarebbe favorevole a un rinvio del Consiglio dei ministri sul Recovery plan. “Abbiamo chiesto solo un testo per evitare le solite imboscate via emendamento”.
La delegazione di Italia Viva ha chiesto di ricevere il testo completo del Recovery Plan per “verificare punto per punto i dettagli, aggiungendo la necessità di fare in fretta perché già troppo tempo si è perso”. Viene infatti sottolineato che quella ricevuta “è una sintesi di 13 pagine”. “Abbiamo chiesto di iniziare a lavorare a luglio e vi siete svegliati a dicembre. E dal 7 dicembre ci avete riconvocato il 22 dicembre. Noi abbiamo lavorato sempre, anche a Natale. Ora vogliamo il documento finale e su quello diamo valutazione in 24 ore. Non si perda altro tempo”, hanno rivelato gli esponenti di Iv. Il ministro dell’Economia ha però risposto che non si poteva presentare col Piano di 130 pagine scritto senza prima aver concordato con i partiti le intenzioni strategiche, senza aver capito se erano d’accordo o meno con le modifiche apportate dal Ministero dell’Economia su loro stessa richiesta. Perché se l’avesse fatto, sostiene, sarebbe stato attaccato anche su questo.
Rispondendo alle critiche sulla mancanza dei contenuti dettagliati del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il titolare del Mef ha assicurato che le schede di dettaglio arriveranno prima del Consiglio dei ministri. Era uno dei punti posti dal partito di Matteo Renzi, che resta comunque sulle proprie posizioni sul resto delle lamentele esplicitate.
Gualtieri si è scontrato anche con Maria Elena Boschi, giudicando come “sommario e non di dettaglio” il lavoro svolto dai renziani. “Il giudizio al Pnrr lo daremo dopo aver visto i dettagli e risponderemo per iscritto, perché altrimenti interpretate male”, sarebbe stata la replica della Boschi.
Trattata pure la tematica relativa alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, con Iv che avrebbe lamentato un presunto immobilismo del governo: “È tempo di decidere, basta rinvii”. Ma Renzi ha ridimensionato il nodo: “Leggo che avrei chiesto di inserirlo nel Recovery. Non è così. Lo vorrei da una vita, ma nel Recovery non ci può rientrare per un problema di tempi, non sarebbe pronto entro il 2026”.
Riscontri molto positivi sono arrivati dal grillino Alfonso Bonafede e da Loredana De Petris di Liberi e uguali al termine del colloquio. Anche il dem Andrea Orlando ha espresso grande soddisfazione, soprattutto per l’incremento della spesa sociale. Il vicesegretario del Pd ha espresso l’auspicio che la verifica politica non travolga il lavoro fatto dai ministri, esortando la riunione a “licenziare” il documento. Lui stesso durante l’incontro avrebbe agitato il fantasma della crisi: “A questo punto la crisi non è esclusa. Quindi va messo in sicurezza il Recovery”. Ovvero chiudere il Piano per non perdere le risorse che arriveranno da Bruxelles. “Basta con i paletti, non si può commissariare il Cdm”, avrebbe tuonato contro gli alleati renziani.
“Il governo è fermo”
Un ritardo sul Recovery Fund sarebbe “imperdonabile” e “comprometterebbe la ripresa”, impedendo al Paese “di tornare a correre”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, annunciando che nei prossimi giorni avvierà un confronto con le forze di maggioranza per stilare una “lista delle priorità” per arrivare a fine legislatura. “Il Recovery non è lo strumento per definire tutte le questioni poste sui tavoli di confronto della maggioranza. Anche perché vi sono interventi che non possono essere finanziati con il Recovery Fund”, ha tenuto a specificare.
Non si è fatta attendere la reazione di Matteo Renzi: “Penso che gli italiani non ne possano più. Sono sei mesi che chiediamo questo piano. Dico al governo: prendete una decisione, quale che sia, ma prendetela”. Intervenuto a Stasera Italia su Rete 4, il leader di Italia Viva non ha risparmiato critiche all’attuale maggioranza: “Non possiamo più perdere tempo. Siamo l’unico partito pronto a far dimettere le nostre ministre, non pensiamo alle poltrone. Mi trovi un altro che trovi un partito non abbarbicato alle poltrone come noi. Vorrei un governo Conte o non Conte, metta lei il nome, che dà agli italiani il senso dell’urgenza di fare le cose. A me questo governo mi sembra fermo”. Lanciando l’ennesimo avvertimento al premier: “Non pretendiamo la verità, ma se vuole i nostri voti deve ascoltare le nostre idee. Se devo stare in maggioranza per non fare niente, preferisco stare all’opposizione. Sì, se devo stare a schiacciare tasti, sì, preferisco stare all’opposizione”.
Netta risposta del renziano Ettore Rosato alle indiscrezioni secondo cui i renziani starebbero rinviando il Cdm sul Recovery: “È una vergogna che ci prendano in giro e che prendano in giro gli italiani. Noi non teniamo in ostaggio il Recovery per il semplice motivo che ancora non l’hanno neanche scritto. Non permettiamo a nessuno di dire bugie come quelle che stanno dicendo i nostri compagni di viaggio. Si può avere idee diverse, ma non si può essere bugiardi”. Sulla stessa scia Renzi, che sui social ha denunciato le strumentalizzazioni del governo: “Le veline di Palazzo dicono che Italia Viva ‘tiene in ostaggio il Recovery plan’. Santa pazienza! Ribadiamolo: il Recovery Plan non ci è stato ancora consegnato, non c’è. Lo abbiamo chiesto in Aula il 22 luglio 2020, dice che forse lo inviano domani. Altro che ostaggio!”.
Il vertice
Presenti al vertice anche i ministri Roberto Gualtieri (Economia), Enzo Amendola (Affari europei), Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), Giuseppe Provenzano (Sud) e il sottosegretario Riccardo Fraccaro. Le delegazioni del Partito democratico (il capodelegazione Dario Franceschini, il vicesegretario Andrea Orlando e Cecilia D’Elia) e Italia Viva (la capodelegazione Teresa Bellanova e i capigruppo Davide Faraone e Maria Elena) hanno partecipato da remoto. Per i 5 Stelle presenti il capodelegazione Alfonso Bonafede, Laura Castelli e Laura Agea; a rappresentare Liberi e uguali sono stati il capodelegazione Roberto Speranza e i capogruppi Loredana De Petris e Federico Fornaro.
Al centro la questione relativa al Recovery Fund che nelle ultime settimane ha provocato delle fratture all’interno del governo giallorosso, che adesso si è riunito per tentare di sanare gli strappi evitando così la crisi minacciata a più riprese da Italia Viva. Non è stata questa l’occasione in cui annunciare l’eventuale sfiducia all’esecutivo. Renzi guarda al Consiglio dei ministri come il momento giusto per mettere all’angolo il presidente del Consiglio.
Sono state tracciate le linee del nuovo piano rivisitato, illustrando le diverse mission e le risorse destinate alle varie voci di spesa. Fonti di governo hanno fatto sapere che la richiesta di Iv è stata quella di avere “le specifiche” del nuovo Piano di resilienza. Il partito renziano ha portato al tavolo i 62 punti stilati prima di Natale e ha sollecitato a illustrare i dettagli del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) nel corso dell’incontro.
Ieri è stata inviata ai partiti la bozza con le modifiche apportate in seguito alle indicazioni delle forze politiche. Se Italia Viva approverà il documento sul Recovery Fund, Palazzo Chigi allungerà i tempi del Consiglio dei ministri per cercare di sbrogliare gli altri nodi ancora irrisolti (come il tema servizi segreti). Se invece il piano verrà bocciato dai renziani, Conte convocherà il prima possibile il Cdm e attenderà il ritiro dei ministri Bellanova e Bonetti. A quel punto si aprirà ufficialmente la crisi. Il Consiglio dei ministri dovrebbe tenersi la prossima settimana, probabilmente tra lunedì e martedì. Prima della riunione Gualtieri fornirà ulteriori indicazioni sul testo: l’obiettivo è cercare di ammorbidire le posizioni e i toni. Nel governo c’è il convincimento che ci siano ancora i margini per ricomporre, che Renzi non abbia ancora chiuso la porta ad un’intesa di massima. Dal Cdm “uscirà solo una bozza, l’inizio di un percorso”. Successivamente il testo sarà discusso con le parti sociali e, a seguire, con il Parlamento e la Commissione Ue. “L’iter potrebbe durare mesi”, spiega Leu.
In mattinata le parole di Teresa Bellanova hanno creato più di qualche timore nella maggioranza, che adesso traballa e rischia di crollare per la mancanza di numeri in Parlamento qualora Iv dovesse far venire meno il sostegno: “Il premier dovrebbe prendere atto che questa esperienza è al capolinea e dire se siamo in grado tutti di ripartire. L’esperienza di questo governo è consumata, ora bisogna vedere se si è in grado di ripartire da una nuova base programmatica e andare avanti”.
“No al Mes”
Iv ha portato avanti i suoi temi, compresa l’attivazione del Mes. Al presidente del Consiglio e al ministro Gualtieri è stato chiesto di motivare un eventuale “no” al ricorso al fondo salva-Stati. Secondo quanto si apprende da fonti di maggioranza, ci sono stati momenti di tensione tra Gualtieri e Faraone sul tema. Tuttavia la discussione – seppur animata – non è mai andata oltre i limiti e non è durata a lungo.
La posizione di Leu, nella persona di Federico Fornaro, sul Meccanismo europeo di stabilità è chiara: “Il Mes non riguarda il Recovery, punto. Le risorse per la sanità sono aumentate da 9 a 19 miliardi”. Gli ha fatto eco, entrando a Palzzo Chigi, la capogruppo De Petris: “Dentro questo Parlamento non c’è nessuna maggioranza che possa approvare una mozione sul Mes e poi non ha nulla a che vedere col Recovery, sono due cose completamente diverse a meno che uno non voglia trovare pretesti”.