L’Ungheria e la difesa dei cristiani perseguitati nel mondo
La conclusione del 2020 è ormai prossima e per Viktor Orban, detentore della carica di primo ministro dell’Ungheria dal 2010, è tempo di bilanci. Budapest, erede senza corona dell’impero austro-ungarico, nell’ultimo decennio è risorta dalle ceneri come un’araba fenice e il merito è di Fidesz, il partito più incompreso della scena europea.
Pur in assenza di uno sbocco sul mare, di particolari dotazioni di risorse naturali strategiche e di un’economia avanzata, gli strateghi di Fidesz sono riusciti a fare dell’Ungheria un giocatore di primo livello all’interno dell’Unione Europea, capofila dell’alleanza Visegrad e principale spina nel fianco della Germania, e le cui proiezioni di potere e influenza si estendono dal vicinato balcanico sino al mondo turcico e all’Estremo Oriente.
Affari esteri a parte, un altro successo considerevole di Fidesz riguarda i risultati delle politiche per la famiglia. L’Ungheria, infatti, rappresenta un’eccezione nell’anziano e sterile Vecchio Continente, in quanto la popolazione è tornata a crescere e lo stesso modello familiare va stabilizzandosi, come dimostrano i numeri sull’aumento dei matrimoni.
Nella visione di Orban, però, l’Ungheria è anche e soprattutto destinata a svolgere una funzione storica dal punto di vista civilizzazionale: rallentare il declino dell’Occidente e combattere l’affermazione definitiva dell’egemonia culturale liberal attraverso la formulazione di un nuovo modello organizzativo della società e del potere statale, la cosiddetta “democrazia cristiana illiberale“.
In questo contesto si inquadrano le riforme costituzionali, l’agenda di ri-cristianizzazione della nazione magiara, la trasformazione dell’alleanza Visegrad nel cuore pulsante del conservatorismo europeo, e l’impegno internazionale a tutela dei Cristiani perseguitati, ovunque essi si trovino. Quest’ultimo punto ha condotto alla creazione dell’Hungary Helps Programme, che, negli ultimi tre anni, ha contribuito in maniera significativa a migliorare le condizioni di vita delle comunità cristiane in Africa e Medio Oriente.
Tre anni di azione ininterrotta
Tristan Azbej, il segretario di Stato per l’aiuto dei cristiani perseguitati, il 27 dicembre è stato raggiunto da Kossuth Radio per fare il punto della situazione circa l’agenda filo-cristiana di Fidesz.
I risultati conseguiti dal governo dal 2017 ad oggi, ossia da quando è stato lanciato ufficialmente Hungary Helps Programme (HHP), sono notevoli: più di 100mila persone aiutate in tutte il mondo, oltre cinquanta milioni di euro destinati a progetti umanitari in Africa e Medio Oriente, un milione di euro destinato alla ricostruzione di Beirut, un memorandum di cooperazione con la Polonia per coordinare i rispettivi piani d’azione a difesa dei cristiani perseguitati, stabilimento di collaborazioni strategiche con Russia e Vaticano, un programma ad hoc per il ritorno in Iraq degli yazidi e la loro reintegrazione sociale ed economica, ed erogazione di borse ad aspiranti studenti universitari di Africa e Medio Oriente per formarsi in Ungheria.
L’HHP durante la pandemia
Lo scorso febbraio, Azbej, intervenendo alla cerimonia inaugurale dell’Alleanza internazionale per la libertà di religione, tenutasi a Washington, aveva illustrato ai partecipanti i numeri dei primi due anni di vita dell’HHP: circa 70mila i cristiani raggiunti dalle iniziative e dagli aiuti del programma. Considerando che nel 2020 quella cifra è aumentata di circa un terzo, superando quota 100mila, significa che quest’anno, pur in presenza della pandemia, il governo ungherese ha migliorato le condizioni di vita di oltre 30mila cristiani in tutto il mondo.
Nel corso della pandemia, come ha spiegato Azbej, gli agenti dell’HHP hanno concentrato gli sforzi sul Medio Oriente. In Iraq e in Siria, ad esempio, sono stati inviati dei carichi umanitari, sostanzialmente composti da maschere protettive realizzate in Ungheria.
Le restrizioni sui viaggi e la necessità di tutelare la salute dei volontari hanno impattato negativamente sullo sviluppo di una serie di iniziative fra Medio Oriente e Africa, come il restauro dei luoghi di culto e la costruzione di scuole e fattorie. Il governo ungherese, nell’attesa del ritorno alla normalità, ha iniziato a trasferire in rete parte della sfera culturale ed educativa dell’HHP, inaugurando le prime lezioni da remoto di lingua inglese e altre materie a tutti coloro che disponessero di un computer e di una connessione ad internet.