La Capua ha una nuova teoria: “Alcuni dialetti diffondono il Covid. Ecco quali”
Per la virologa Ilaria Capua c’è un collegamento tra alcuni dialetti e la diffusione del Covid. La virologa in un pezzo sul Corriere della sera, parla del cosiddetto fattore, quello che misura la dispersione virale. E tra i maggiori diffusori o amplificatori del rischio pandemico la Capua menziona alcuni dialetti che, a causa della pronuncia, sarebbero più pericolosi di altri.
Capua: “Avvolti in una nuvola Covid”
Nel suo pezzo – che vorrebbe farci capire quanto siamo speciali nelle nostre piccole differenze e per speciali si intende “pericolosi diffusori” – la Capua spiega come non tutti diffondano il coronavirus alla stessa maniera: “Come amplificatori del fenomeno pandemico non siamo tutti uguali. Alcuni di noi, a causa della convergenza di più fattori, riescono a sviluppare proprio ‘l’effetto elicottero’”. I soggetti presi in considerazione dalla virologa sono i cosiddetti super-spreader: “individui spesso asintomatici (almeno durante l’evento del contagio) che sono avvolti da una nuvola di virus a concentrazioni altissime che con l’aiuto di alcuni accorgimenti può essere trasformata anche in migliaia di contagi”.
“Alcuni dialetti sono veicoli virali”
Quindi la Capua si domanda se “se una lingua foneticamente caratterizzata da maggiore pressione e frizione possa essere più pericolosa come veicolo di infezione virale”. E passa a prendere in esame i dialetti italiani, prendendone ad esempio due specifici: “Basti pensare a come siano diverse dal punto di vista meccanico alcune inflessioni o dialetti nel solo nostro territorio nazionale (calabrese aspirato o toscano con la c espirata)”. Sotto accusa, per modo di dire, anche alcuni difetti di pronuncia: “Il sigmatismo, meglio noto come zeppola”. Per la virologa “possono creare un volume di goccioline maggiore a quello che emetterebbe chi non l’ha o ha l’erre moscia”. La soluzione da proporre provocatoriamente alla Capua è semplice: ma quale mascherina, ma quale lockdown, parliamoci su internet e basta. Sembra la ricetta per ogni male della pandemia.