La Brexit insegna: uscire dall’Ue è possibile
Il Natale porta in dote la Brexit ai cittadini di sua maestà. Sono serviti quasi quattro anni di trattative, ma alla fine Londra è riuscita a raggiungere l’accordo con il quale, dopo quasi mezzo secolo di permanenza nel consesso comunitario, la Gran Bretagna regola ordinatamente l’uscita dall’Unione Europa. Il recesso formale era già avvenuto lo scorso 20 gennaio.
Quattro anni per la Brexit
Il 23 giugno del 2016 il 51,80% dei cittadini si esprimeva a favore della Brexit. Il 29 marzo dell’anno successivo il governo invocava ufficialmente l’articolo 50 dei Trattati, che regola per l’appunto le modalità di uscita dall’Ue. Nel frattempo si sono succeduti tre governi e le negoziazioni hanno incontrato non poche difficoltà. Alla fine, però, l’intesa è stata raggiunta.
Non un percorso facile, questo va sottolineato. Più volte – l’ultima negli scorsi giorni – si è rischiato di arrivare alla rottura. La quale avrebbe portato al cosiddetto “No deal”, vale a dire una Brexit senza accordo che si sarebbe tradotta in una sorta di “ognuno per sé e Dio per tutti”. La volontà di evitare l’evenienza non era solo da parte inglese, ma anche (e specialmente) di Bruxelles. Quello britannico, infatti, è e rimane un mercato importante per l’Unione.
Uscire dall’Ue è possibile
L’interesse a portare a casa il risultato era insomma comune. Anzi, l’ipotesi “No deal” rischiava di penalizzare più l’Ue. Basti pensare che sia Germania che Francia sono esportatori netti oltremanica: la prima realizza oltre 45 miliardi di surplus commerciale, la seconda quasi 15. Un’uscita disordinata, con Londra libera di muoversi come meglio credeva, avrebbe potuto – tra potenziali dazi doganali o altre misure di contenimento – colpire più sulla terraferma che al di là dello stretto di Dover. Da qui la forza contrattuale della Gran Bretagna, capace di mettere sul tavolo tutto il proprio armamentario per spuntare il miglior accordo possibile.
Tanto più che, nel mentre, da Downing Street non sono certo rimasti con le mani in mano. Nel corso di questi anni di trattative sulla Brexit sono stati firmati qualcosa come 57 trattati commerciali con altrettante nazioni. Diventano 58 adesso e soprattutto dimostrano come, sfruttando a proprio vantaggio le leve negoziali di cui si dispone, l’Unione Europea non è necessariamente il destino comune cui fatalmente siamo tenuti a tendere. Non una reazione chimica, per definizione irreversibile: una trasformazione fisica, nella quale muta la forma ma non la natura. E da cui è sempre possibile tornare indietro.
Filippo Burla