Libia, la madre di un pescatore: “governo in ritardo, mio figlio ridotto a una larva”
“Mio figlio è ridotto una larva. Stavano rinchiusi in celle sotto terra. Sono sconvolta. Il Governo ha perso tempo”: è amaro lo sfogo di Anna Giacalone, la madre di Fabio, il motorista del peschereccio italiano Antartide sequestrato in Libia e rilasciato ieri assieme agli altri 17 pescatori.
La donna accusa Conte e Di Maio per il modo superficiale in cui hanno gestito il dossier lasciando i 18 pescatori di Mazara del Vallo nelle mani della Libia per tre mesi.
Ce l’ha con il presidente del Consiglio italiano e con l’esponente grillino a capo delle feluche. Ma anche con la stessa Farnesina che ha nascosto la verità ai parenti dei pescatori siciliani detenuti in Libia in condizioni pietose.
Anna Giacalone rivela che chiamava tutti i giorni la Farnesina. Ma trovava un muro di gomma fatto di bugie.
“Ci davano sempre la stessa risposta ‘stanno bene, mangiano’. Ora invece ci dicono che stavano rinchiusi in celle sotto terra”, accusa la mamma di uno dei marittimi di Mazara che la Libia ha trattenuto in prigioni terribili per mesi.
“Sono felice per la liberazione dei 18 pescatori. Non vedo l’ora di riabbracciare mio figlio. Però – obietta – devo anche dire che il Governo ha perso tempo. Conte e Di Maio dovevano andare prima a Bengasi per riportarci i nostri uomini. È passato troppo tempo“.
La mamma del motorista del peschereccio Antartide, ora in viaggio verso Mazara del Vallo, assieme all’altro peschereccio, Medinea, dopo la liberazione in Libia, non riesce a darsi pace.
E, nell’aula consiliare del Comune di Mazara, assieme al marito e ad altri parenti dei pescatori in viaggio, da sfogo alla sua frustrazione e al suo dolore per ciò che ha dovuto passare. Per l’indifferenza delle istituzioni e del governo che, in tutti questi mesi, hanno trascinato la vicenda.
“Ho visto le foto sul cellulare e mio figlio è ridotto una larva – dice la Giacalone. – È magrissimo. Immagino quanto avrà sofferto in questi mesi, povero figlio mio”.
La testa va alle sofferenze patite dal figlio e dai suoi compagni di sventura in Libia. Alle vessazioni e alle umiliazioni che hanno dovuto sopportare.
“Ho saputo che hanno cambiato quattro prigioni. E che gli davano da mangiare in ciotole al buio. Quindi non sapeva neppure cosa ci fosse” nel cibo – racconta ancora la donna. – Il pensiero non mi fa dormire. Non oso immaginare quello che hanno passato i 18 pescatori. Avrà passato le pene dell’inferno”.
L’indifferenza del governo, pur tenacemente pungolato dal Centrodestra, per la sorte dei pescatori mazaresi, l’ha ferita.
“Non ci speravamo più“, ammette Anna Giacalone ricordando i “momenti di sconforto” che ci sono stati in questi mesi quando chiedeva, inutilmente, un intervento deciso del governo italiano.
“Temevamo il peggio – ammette la mamma del motorista di Antartide rilasciato ora dalla Libia. – I primi settanta giorni sono stati i più brutti, ci hanno detto”.
E qui il j’accuse all’esecutivo Conte: “credo che il governo, nel primo mese, ha perso del tempo prezioso. Ma l’importante è che adesso sono liberi”.
“Sarà il mio Natale più bello – dice ancora Anna Giacalone – Il tempo non passa mai, non vedo l’ora che arrivi domenica. Questa attesa è snervante. Sono stati tre mesi infiniti, avevamo tanta paura”.
E ribadisce, di nuovo: “Conte doveva andare prima a Bengasi. Dovevano andarci di persona, abbiamo temuto molto per loro”.
I due pescherecci Antartide e Medinea con a bordo i 18 pescatori di Mazara del Vallo liberati ieri sono partiti questa notte da Bengasi. E sono scortati, fino all’arrivo in Italia – previsto nella mattina del 20 dicembre – dalla fregata Margottini della Marina Militare, impegnata nell’Operazione Nazionale Mare Sicuro, che li ha intercettati all’uscita delle acque territoriali libiche.