“Non veniamo a fare chiacchiere”. La verifica di Conte parte in salita
È partita oggi pomeriggio la verifica di governo per constatare se ci sono o meno i presupposti per proseguire con l’esperienza giallorossa.
Il premier Giuseppe Conte nei giorni scorsi aveva annunciato che a breve avrebbe avviato una fase di consultazione con le forze che lo sostengono per tentare di tranquillizzare gli animi e trovare una sintesi comune in grado di placare gli scontri che si sono infiammati in merito alla gestione dei progetti del Recovery Fund. Prima incontrerà le singole forze politiche e poi riunirà i capi della coalizione per fare il punto della situazione.
Verso le 16:30 la delegazione del Movimento 5 Stelle è entrata a Palazzo Chigi per una conversazione con il presidente del Consiglio. A rappresentare i grillini sono il capo politico Vito Crimi, il capodelegazione Alfonso Bonafede, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli e i capigruppo alla Camera e al Senato (Davide Crippa ed Ettore Licheri). Ma gli occhi della giornata sono puntati tutti sul Partito democratico, che saranno ricevuti dall’avvocato alle ore 19. In queste ore i dem non hanno fatto mancare parole forti per sollecitare Conte a un cambio di passo. “I dossier più importanti sono tutti aperti: dobbiamo uscire dallo stallo. Non andiamo a fare chiacchiere con il presidente Conte”, ha tuonato il capogruppo Graziano Delrio.
“Crisi? C’è solo il voto”
La delegazione del Pd sarà formata dal segretario Nicola Zingaretti, dal capodelegazione Dario Franceschini, dai rappresentanti del tavolo per le riforme Andrea Orlando e Cecilia D’Elia, e dai due capigruppo di Camera e Senato (Graziano Delrio e Andrea Marcucci). Come riportato da La Repubblica, prima della verifica i dem hanno organizzato una riunione online con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il ministro degli Affari Ue Enzo Amendola, con la presenza di parlamentari, ministri, sindaci e segretari regionali. L’obiettivo è stato quello di discutere del Recovery Plan e dei temi per il rilancio dell’Italia.
Le intenzioni di Zingaretti sono chiarissime: andare dal premier e parlare concretamente della sostanza. Senza perdere di mira i piani che andranno presentati a Bruxelles e poi attuati con i fondi europei. Anche il Partito democratico non vede di buon occhio l’idea di partorire l’ennesima task force a cui affidare la supervisione tecnica dell’attuazione dei progetti.
Nel frattempo sono arrivate anche le indicazioni di prospettiva in caso di crisi: il governo potrebbe crollare il 28 dicembre, con Matteo Renzi che potrebbe alzarsi dalla sua postazione e decretare la fine della stagione giallorossa. Tra le tante ipotesi vi è quella del rimpasto, ma Goffredo Bettini ha già messo le mani avanti: “No a crisi al buio. Se cade il governo, il Pd spingerà per il voto. No al rimpasto, orribile parola”. L’esponente del Pd, in un’intervista rilasciata all’Huffington Post, ha ribadito quanto sia fondamentale cambiare passo: “L’alleanza giallorossa è nata principalmente per fermare la destra. È rimasta unita grazie alla gestione dell’emergenza. Le elezioni, le risorse da conquistare in Europa, la pandemia. Oggi deve dimostrare di saper guidare la ricostruzione nazionale”.
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