“L’Italia sovrastima i morti. Basta che siano positivi…”
I numeri dei positivi in Italia sono sottostimati? I morti finiscono indistintamente nel calderone del Coronavirus? Fino a pochi giorni fa chi si poneva queste domande veniva automaticamente tacciato di negazionismo.
E invece adesso qualche teoria inizia a essere presa seriamente in considerazione anche dagli esperti. Non da un no-mask qualunque, ma da Graziano Onder, responsabile del rapporto dell’Istituto superiore di sanità sulla mortalità da Covid-19: “Mentre da noi tutti coloro che muoiono e risultano positivi al tampone vengono classificati come decessi da Covid, non è così in altri Paesi”. Il dibattito è entrato nel vivo in seguito all’elaborazione dell’università americana Johns Hopkins di Baltimora, che colloca il nostro Paese al terzo posto nel mondo – dopo Messico e Iran – per quanto riguarda la letalità.
Oltre alle condizioni del sistema sanitario e al fattore inquinamento, va considerato che siamo la nazione con la maggior percentuale di popolazione anziana in Europa: la media anagrafica dei morti per Sars-CoV-2 in Italia è di 82 anni, persone di età avanzata e con più patologie. “A influire sulla mortalità ci sono anche le caratteristiche della nostra popolazione, che per un quarto è composta da ultrasessantacinquenni ed è la più anziana d’Europa”, ha spiegato il geriatra. Il direttore del dipartimento malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e dell’invecchiamento, riporta La Verità, ha inoltre precisato che nel nostro Paese “il 90% dei morti sono per, e non con Covid. Persone anziane e con più patologie uccise comunque dal virus”.
“Così siamo i peggiori d’Europa”
L’auspicio è che l’Italia conteggi i decessi da Coronavirus come nel resto del mondo. Sì, perché sulla mortalità abbiamo sbagliato “contando in maniera diversa da tutto il resto dell’Europa”. L’infettivologo Matteo Bassetti non ci sta e perciò chiede di non lasciare questo aspetto nella totale indifferenza: “Vogliamo dirlo o vogliamo continuare nell’errore ed essere considerati i peggiori d’Europa?”. C’è però un “peccato originale” che riguarda i mesi di marzo e aprile, quando chiunque arrivava in ospedale con un tampone positivo, “anche se aveva un infarto, veniva qualificato come morto per Covid”.
Antonio Clavenna, responsabile dell’Unità di Farmacoepidemiologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, è convinto che l’indice di letalità sarà verosimilmente intorno all’1% anche nel nostro Paese quando “nel conteggio Covid entreranno gli asintomatici e quelli che avevano sintomi leggeri”. A puntare il dito contro la modalità di trasmissione dei dati statistici da parte delle Regioni all’Istituto superiore di sanità è stato Alberto Zangrillo, prorettore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano: “È gravata da un fisiologico ritardo, che rende ogni conclusione in merito del tutto inopportuna e intempestiva”.
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