“Qui si muore di fame”, Cacciari tombale sul Dpcm Conte. “Inevitabile che esploda la rabbia sociale”
Dpcm Conte, Cacciari tombale. Rivolte sociali dietro l’angolo prevede il filosofo dopo le nuove misure anti-Covid firmate oggi. L’ultimo Dpcm di Giuseppe Conte, – il terzo in dieci giorni- secondo l’ex sindaco di Venezia porta verso un orizzonte chiaro nella sua drammaticità: sarà rivolta popolare. Lo ha affermato nell’intervista durissima al Quotidiano nazionale oggi in edicola. Sulla scorta di evidenze preoccupanti: quanto accaduto tra venerdì e sabato notte a Napoli e a Roma non è che un’avvisaglia.
Dpcm Conte, Cacciari: “Non esiste solo il coronavirus”
“È evidente – spiega Massimo Cacciari – che se continua questa situazione, o scattano meccanismi di aiuti robusti alle vittime economiche della pandemia; o ci sarà solo da aspettarsi l’esplosione della rabbia sociale“. Da sempre critico contro le misure del governo Conte nel merito e nelle modalità comunicative, Cacciari ricorda: “Non esiste solo il coronavirus. Esistono decine di altre cause di morte, compresa la fame”. Già la fame di chi da domani non riaprirà i battenti della sua attività, in attesa di fantomatiche promesse di risarcimenti. Sarà vero stavolta o faremo come con la cassa integrazione che 12.000 lavoratori e più ancora attendono da marzo?
Tensioni sociali inevitabili
Perseverare nell’infierire su alcune categorie – ristoratori e mondo della cultura – non può che acuire le distanze sociali, tema a lui caro e più volte sottolineato nei suoi interventi. “Dunque, o ci sono gli aiuti o mi pare inevitabile che la rabbia esploda”. E se a questo scenario di disperazione non nasconde che la probabile infiltrazione di camorra, mafia e criminalità organizzata nell’organizzazione delle proteste, sarà un corollario violento e chiaro.
Cacciari aveva già bersagliato il governo dopo un altro Dpcm, quello che aveva esteso lo stato di emergenza al 31 dicembre 2020: “Una situazione senza precedenti nel resto del mondo, anche in quei Paesi che stanno attraversando ora la fase più drammatica dell’epidemia di coronavirus», aveva detto. Tanto che, andando ancora più affondo nella sua impietosa disamina, il filosofo ammoniva: «Prepariamoci alla dittatura democratica». Oggi dopo questo lockdown mascherato la sua analisi è ancora più cupa e negativa.