“Quartiere in mano ai migranti”. Ma le toghe se la prendono coi leghisti
Imputazione coatta con l’accusa di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di istigazione razziale, etnica e religiosi: è stata questa la decisione del gip del tribunale di Catania, Giuseppina Montuori, nei confronti del senatore della Lega Stefano Candiani e dell’assessore comunale etneo Fabio Cantarella, anch’egli esponente del carroccio.
Il motivo riguarda un video girato su Facebook in cui si evidenziava lo stato di degrado del quartiere catanese di San Berillo. Nelle immagini postate sui social, i due esponenti leghisti hanno evidenziato come la zona fosse oramai diventata “patria dell’illegalità”, un “quartiere in mano agli immigrati clandestini” dove “regnano spaccio, contraffazione e prostituzione”. Sono state queste le frasi espresse dai due rappresentanti della Lega e da cui poi è stata aperta un’indagine.
Secondo la procura di Catania non c’erano motivi per proseguire con il procedimento. Sia per Candiani che per Cantarella quindi era stata chiesta l’archiviazione, così come per altri 14 soggetti a cui erano state rivolte analoghe accuse per via dei commenti lasciati a margine del video su Facebook.
Tuttavia, a seguito della denuncia dell’associazione antimafia Rita Atria, la decisione del gip è stata differente dalla richiesta della procura etnea. E quindi per il senatore e l’assessore leghista è stata confermata l’imputazione coatta. I due dovranno comparire a breve all’interno del tribunale di Catania, la procura ha dieci giorni di tempo per formulare ai due imputati l’imputazione.
“Le ragioni esposte dalla Procura nella richiesta di archiviazione – si legge nelle motivazioni del gip – non trovano conferma nelle condotte materialmente tenute dai due indagati e nell’attività di indagine espletata e non possono essere condivise – a parere di questo giudice – in base al concetto che la giurisprudenza hanno reso del reato contestato”.
“Anche perché – si legge ancora nel provvedimento del giudice – a ben vedere appare chiaro che trattasi di espressioni e giudizi fondati su concetti discriminatori e legate alla sola nazionalità o etnia dei residenti il quartiere in questione e non concretamente posti in essere da costoro”. Il Gip del tribunale di Catania, così come sottolineato da Italpress, ha rilevato anche che, a suo giudizio, “il senatore Candiani ha manifestato le proprie idee fuori dalla sede parlamentare e fuori dai limiti dell’insindacabilità previsti dall’articolo 68 del comma 1 della Costituzione nei confronti di deputati e senatori”. In tal senso, nel motivare la sua scelta il giudice si è rifatto anche a un precedente riguardante l’ex eurodeputato leghista Borghezio.
Non si registrano per il momento commenti da parte del senatore leghista, ma di certo non mancheranno nei prossimi giorni le polemiche. Il video in questione era stato girato, nell’intento dei due esponenti del Carroccio, per denunciare una situazione di degrado in cui versa un rione della città di Catania.
il giornale.it