Alfonso Bonafede, il ministro è di Mazara come i pescatori italiani rapiti in Libia. Eppure non si scompone
Non è una caratteristica solo siciliana: se un cittadino di Mazara del Vallo viene a sapere che nel suo giro lavorativo – per esempio – è arrivato uno di Mazara del Vallo, lui lo manda a chiamare d’ufficio, solo per conoscerlo. È gente che con le radici non scherza, diciamo così. Ora immaginate se questo cittadino di Mazara del Vallo fosse un ministro, e se venisse a sapere che a Mazara del Vallo è scoppiato un casino perché una motovedetta libica ha arrestato (rapito) diciotto suoi concittadini di Mazara a bordo di due motopescherecci, diciotto pescatori dal 1° settembre sono in stato di fermo a Bengasi e che risultano pure sotto procedimento perché i libici si sono inventati che portavano droga quando invece avevano solo «sconfinato» nelle acque territoriali fantasma della Libia, quei confini arbitrariamente creati da Gheddafi a suo tempo.
Ebbene, il ministro di Mazara del Vallo in realtà esiste, e sapete come ha reagito, che cosa ha fatto? Noi lo sappiamo: ha fatto niente che è niente, ciò che corrisponde al suo status politico. E attenzione, questo tizio è un ministro della Giustizia, non dell’Agricoltura: forse la giustizia potrebbe c’entrare qualcosa, visto che i pescatori, a dire dei libici, sono oggetto di procedimento da parte della Procura libica e rischiano un processo. Si chiama Alfonso Bonafede, questo ministro di Mazara del Vallo, nato e cresciuto lì. Uno che forse pensa – parola grossa – che sia solo una faccenda di Farnesina e di intelligence, come no: basti che il ministro degli esteri è uno della sua stessa levatura, Luigi Di Maio, sicché chiediamo: dov’ era Di Maio mentre avveniva il sequestro-rapimento? Era in Libia, era andato a Tobruk per incontrare Aguila Saleh (il presidente del parlamento, considerato l’uomo nuovo della Cirenaica, quello a cui rivolgersi dopo il progressivo appannamento di Haftar) e quindi ha snobbato il generale Haftar come se fosse morto: c’entrerà qualcosa?
Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, a cui i nostri servizi segreti si stanno rivolgendo, però sono ancora interlocutori di Haftar: e non sappiamo se questo c’entri qualcosa con le trattative sinora fallite dell’intelligence o se addirittura ci sia stata una ferma volontà di Haftar quella di umiliare Di Maio, e quindi l’Italia: ma sappiamo che la vicenda ridicolizza il nostro Paese e simboleggia in maniera eclatante, per dirlo con l’esperto Gianandrea Gaiani sul suo sito Analisi Difesa, «quale peso, influenza e deterrenza sia oggi in grado di esprimere Roma persino nel cortile di casa del Mediterraneo». Se da un lato non c’è dubbio che Farnesina ed intelligence stiano cercando di riportare a casa i nostri connazionali, è altrettanto indubbio che un tale sequestro ridicolizza l’Italia proprio nella sua ex colonia e mostrano il peso residuo delle nostre istituzioni in una politica italiana che – ormai è un luogo comune – semplicemente non esiste.
Sarà per questo che il conterraneo e concittadino Alfonso Bonafede non è neanche passato a fare un saluto, mentre fioccano le manifestazioni, a Mazara del Vallo come a Montecitorio come addirittura in Libia. I libici hanno fatto sapere che in cambio della liberazione dei pescatori esigono la liberazione delle «famiglie dei calciatori libici detenuti in Italia» (boh) definiti «atleti» anche se risultano incriminati per traffico di esseri umani. La Farnesina intanto «monitora», i Bonafede latitano, i servizi segreti non si sa (ci mancherebbe) e l’unico veramente incazzato sembra Toni Scilla, presidente di Agripesca Sicilia, organizzazione a cui sono associati i due pescherecci sequestrati: «Chiediamo il rilascio immediato dei pescatori, in caso contrario siamo disposti a bloccare l’intera flotta di Mazara del Vallo e, se non dovesse bastare, coinvolgeremo tutti i nostri colleghi siciliani».
Non è molto, ma è infinitamente più del nulla esercitato dallo Stato, che naturalmente esclude il ricorso ad azioni militari per liberare gli ostaggi- come farebbero altri stati occidentali – e questo nonostante il nostro esercito disponga di forze speciali tra le migliori del mondo e sicuramente del Mediterraneo. Nessuno manderà aerei a sorvolare, schiererà navi sui confini delle acque territoriali (quelle vere) e nessuno insomma penserà che l’Italia non sia un Paese di cui farsi zimbello: è facilissimo rapire dei loro cittadini, non succede niente, e questo penseranno anche i criminali e i miliziani libici. Chi dovrebbe reagire? Giuseppe Conte è quello che è. Poi c’è Luigi Di Maio il quale, come suo primo viaggio, visitò il Marocco e ignorò la Libia, sinché nel dicembre 2019 annunciò la nomina di un inviato speciale per la Libia che dieci mesi dopo, a Tripoli, stanno ancora aspettando; infine i libici si sono messi a rapire italiani proprio mentre Di Maio era in Libia. Poi ci sarebbe Alfonso Bonafede, concittadino di Mazara del Vallo. Ci sarebbe, ma non c’è. Non riescono a trovarlo da nessuna parte. Mai.