Olanda, choc per 75enni in salute: c’è il diritto all’eutanasia per “vita compiuta”
Nella Ue si accentuano gli scontri tra i Paesi cosiddetti “frugali”, quelli principalmente del Nord Europa che hanno una posizione di maggior contenimento del bilancio europeo, e gli altri che possono essere considerati del gruppo di Visegrad, tra cui vi è l’Ungheria del premier Orban, o del Mediterraneo, come l’Italia.
I primi, in parole povere, ambiscono a dettare legge. Ma da un po’ di tempo non più solo su questioni economiche bensì anche su delicati temi sociali. Vi sarebbe, infatti, una correlazione tra denaro del Recovery Fund e le scelte politiche adottate dai vari Stati. A sottolinearlo è il giornalista Marco Cobianchi che su Italia Oggi ha spiegato cosa potrebbe celarsi dietro allo strano scambio tra miliardi e rispetto dello Stato di diritto previsto dallo strumento messo in campo per superare la crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria. E il punto, se confermato, non è di poco conto: i veti incrociati tra i Paesi frugali, guidati dall’Olanda, e la Polonia e l’Ungheria, sono provocati soprattutto dal dissenso sul matrimonio tra omosessuali.
In pratica, sostiene Cobianchi, è in atto una sorta di ricatto di chi ha di più verso chi dispone di meno risorse. Gli Stati protestanti del Nord Europa, dove i diritti Lgbt sono riconosciuti da tempo, pretendono di imporre a nome dell’Unione europea, norme a tutti gli altri Paesi che su tali questioni hanno una cultura diversa. E per portare a compimento il piano minacciano di fermare l’erogazione dei miliardi del Recovery Fund. Ma oltre ai matrimoni gay vi è ben altro. Si intravede in questa battaglia uno scontro tra nazioni dove il sentimento religioso sta scomparendo, non è un caso che a guidare questa fila ci sono i Paesi Bassi, e le cattoliche Polonia e Ungheria dall’altro. Sul terreno dei diritti civili tra i due fronti vi è ormai un baratro incolmabile.
A testimonianza di questa guerra vi è l’intervista che sabato scorso il cardinale Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht, ha rilasciato ad Insideover.it a sostegno del suo recente saggio «Dio vive in Olanda», edito da Ares. Già il titolo del testo sembra sintetizzare il messaggio del cardinale. Nonostante il relativismo, come lo chiamava Joseph Ratzinger, sia ormai dilagante nell’Europa del Nord quella che si può definire come la “minoranza creativa” prova a reagire. In questa fase storica la Chiesa cattolica rema in una direzione mentre la società procede in un’altra. Però anche se tutto sembra perduto c’è ancora un seme di speranza.
LE PAROLE DEL CARDINALE
In uno dei passaggi più significativi dell’intervista rilasciata a Francesco Boezi, il cardinale spiega che si sta cercando di far passare come azione assolutamente naturale un qualcosa di sconcertante: il suicidio assistito semplicemente per aver raggiunto soddisfazione nella vita. “In Olanda- ha spiegato l’ecclesiastico- vi è resistenza in ampi settori contro un disegno di legge sulla cosiddetta ‘vita compiuta’. Questo disegno implica che la gente con una età superiore a quella di 75 anni, di per sé non malata, ma sana, convinta che la sua vita non abbia più un senso e sia perciò “compiuta”, possa chiedere il suicidio assistito. Il limite di 75 anni suggerisce che la vita perda il suo valore essenziale da questa età. Contro questo disegno di legge esiste una forte resistenza, animata da gruppi diversi nella società, fra cui la maggior parte dei medici, psichiatri, con l’associazione nazionale dei medici olandesi in prima fila”.
Il cardinale Eijk colloca questo presunto diritto in quella “cultura della morte” contro la quale Giovanni Paolo II si schierò con l’enciclica Evangelium vitae. È vero, nei Paesi Bassi l’eutanasia si pratica ed è regolata per legge da tempo. Inizialmente serviva per i malati incurabili nella fase finale della vita. Poi si passò all’eutanasia fuori dalla fase finale, estendendola alle malattie neuropsichiatriche e neurovegetative. Nel 2004, con il protocollo di Groningen, si autorizzò la soppressione della vita su richiesta dal malato. Ma ogni traguardo che si raggiunge è solo l’inzio per un altro successivo. “Ora siamo alla tappa seguente: l’introduzione del suicidio assistito per chi è sano, ma considera la propria vita compiuta”, ha spiegato il cardinale.
Eppure, come lui stesso ha ricordato in una intervista a Tempi, “una commissione istituita dal governo olandese, dopo un’ampia indagine, aveva concluso che la legge vigente sull’eutanasia funziona bene e non c’è bisogno di cambiarla. Le persone anziane che vorrebbero usufruire del suicidio assistito anche se non sono malate, ma soltanto perché considerano la loro vita “compiuta”, possono già avvalersi della legge vigente”. Questa è la posizione dei Paesi Bassi. Una posizione che, nei saggi di Ejik, qualcuno vuole estendere a tutti i costi anche ad altre nazioni. Un po’ come se fosse in atto un tentativo di “colonizzazione ideologica aggressiva”. Tra le cause di tutto ciò vi è il fatto che i Paesi Bassi non sono più cristiani: nel 2018 meno della metà della popolazione (49%) si è definita credente o appartenente a una religione mentre solo il 24% si dice cattolico ed il 18% protestante.
MOTIVI DELLO SCONTRO
Nel Paese i diritti Lgbt sono riconosciuti ampiamente ed avere una convinzione diversa è quasi proibito. Scenario opposto in Polonia e in Ungheria. Nel primo su 37 milioni di abitanti, 36 milioni sono cattolici dichiarati, e il 54% va a messa mentre nello Stato guidato da Orban, su dieci milioni di abitanti sei sono cristiani battezzati. In entrambi i Paesi la Chiesa ha un ruolo fondamentale nella vita dei cittadini.
Lo scontro tra relativismo e fede è in corso. I miliardi del Recovery Fund potrebbero cambiare gli scenari. Ma per dirla come il cardinale Eijk, la luce della speranza è vivo. La crisi sanitaria, del resto, ha insegnato che non di solo denaro può vivere l’uomo.
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