Family day e diritti dei gay: esecutivo senza una sintesi
Roma – Tutti i ministri hanno un orticello da coltivare. Un elettorato da infiammare. Un feudo da proteggere.
Giorno dopo giorno nel governo gialloverde, guidato dal premier Giuseppe Conte, emergono le distanze politiche. I ministri si comportano come se amministrassero un feudo elettorale, senza tener conto di una visione complessiva. I due perni dell’esecutivo, Luigi di Maio e Matteo Salvini, dal 4 marzo a oggi non hanno ancora concluso la campagna elettorale. Il presidente del Consiglio non riesce a svolgere una funzione di sintesi politica, lasciando allo sbando i ministri. Dalle grandi opere alla sicurezza nazionale: i ministri del governo pentagrillino litigano su tutto. La reintroduzione della leva obbligatoria segna l’ultimo scontro nel governo Conte, tra il ministro dell’Interno Salvini (Lega) e la titolare della Difesa Elisabetta Trenta (M5s). Il segretario del Carroccio, in preda a una crisi di astinenza da annunci, ha rispolverato il servizio militare obbligatorio. Idea su cui è arrivato l’alt del ministro della Difesa. La proposta leghista è stata bollata come «nostalgica e non più al passo con i tempi». Salvini e Trenta erano già reduci da un altro strappo sul blocco delle navi delle missioni internazionali. Il tema dei vaccini rivela, forse più di altri, il cammino autonomo dei singoli ministri. I presidi delle scuole criticano la scelta della grillina Giulia Grillo, ministro della Salute, di considerare valida per la frequenza dell’anno scolastico che si aprirà a settembre l’autocertificazione da parte dei genitori dell’avvenuta vaccinazione dei figli. Che, per i dirigenti scolastici, «non è utilizzabile in campo sanitario». Il ministro dell’Istruzione, il leghista Marco Bussetti, si schiera con i presidi, difendendo il proprio feudo e ricordando alla collega di governo come «la dirigenza scolastica non possa essere gravata di incombenze in materia sanitaria». Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, è il più autonomo all’interno del governo: è un tecnico senza orticelli elettorali da coltivare ma solo i conti pubblici da tenere in ordine. E risponde al Presidente della Repubblica che l’ha voluto alla guida del Mef. La tenuta dei conti si scontra spesso con chi utilizza i ministeri per consenso elettorale. Lo scontro con Salvini e Di Maio è inevitabile. Ascoltare le posizioni dei ministri del governo Conte sulle grandi opere equivale a un comizio elettorale di Lega o M5s. Per il ministro del Sud, Barbara Lezzi, che sembra rivolgersi alla folla dei comitati no Tav/no Tap, non c’è spazio né per l’alta velocità né per il gasdotto. Per Salvini, con il Tap l’energia costerà il 10 per cento in meno. Su politica estera e diritti civili nel governo c’è un clima di perenne campagna elettorale. Il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi rassicura gli europeisti, ribadendo la posizione dell’Italia all’interno dell’Ue. La collega Paola Savona, ministro per gli Affari europei, strizza l’occhio agli euroscettici, rinfocolando le aspettative dei no euro. Hanno l’ufficio a pochi metri ma puntano al consenso di due mondi lontani anche Lorenzo Fontana, leghista e ministro della Famiglia, e Vincenzo Spadafora, sottosegretario alle Pari opportunità. Il primo è la voce del family day, l’altro si candida a difendere i diritti del mondo Lgbt. Eppure siedono al tavolo dello stesso governo. IL GIORNALE.IT