Salvini tagliò lo stipendio. Ma poi Di Maio favorì Tridico
Anche se il decreto interministeriale che ha dato il via libera al raddoppio dello stipendio di Pasquale Tridico, passato dal ricevere i 62mila euro annui di inizio mandato agli attuali 150mila, è datato 7 agosto 2020, l’intera vicenda ha radici temporali ben più profonde.
Il presidente dell’Inps si è subito difeso sostenendo che l’incremento della propria busta paga era stata decisa dal precedente governo, il famigerato esecutivo gialloverde, e da Luigi Di Maio, ex ministro del Lavoro ed ex capo politico del Movimento 5 Stelle.
La richiesta di Salvini
Andiamo con ordine. Il predecessore di Tridico, Tito Boeri, incassava 103mila euro lordi all’anno. Una cifra, ha sottolineato Il Corriere della Sera, ben al di sotto del tetto di 240mila euro fissato dal governo per i vertici della pubblica amministrazione. Come se non bastasse, fino allo scorso aprile, l’Inps era governato solo dal presidente, supportato dal direttore generale.
Pasquale Tridico è stato nominato per volere di Di Maio il 22 maggio 2019. L’economista dell’Università Roma Tre fu costretto a dividere l’emolumento di 103mila euro assieme al vicepresidente (all’epoca Adriano Morrone). Una figura, quella del vicepresidente, riesumata su espressa richiesta di Matteo Salvini.
Ricordiamo che in quei mesi il leader della Lega era al governo e che il Carroccio stava già iniziando a guardare con una certa diffidenza l’alleato grillino. L’emolumento di Boeri fu “suddiviso” in due parti: 62mila euro a Tridico, il rimanente al suo vice. In ogni caso, in merito alle notizie secondo cui sarebbe stato il governo Conte I a decidere l’aumento dello stipendio del presidente Inps, Salvini ha così chiarito la questione: “Falso, la decisione è stata presa il 7 agosto dai ministri Catalfo e Gualtieri. Non sono al governo da più di un anno. I dati oggettivi che ho letto parlano del 7 agosto come data dell’aumento”.
L’adeguamento di Di Maio
Nel giro di qualche mese, nel giugno 2019, il ministro del Lavoro Di Maio decide di dare il via a un iter per adeguare i compensi. Questa mossa era collegata direttamente alla riforma della governance di Inps e Inail, che aveva l’obiettivo di reintrodurre il consiglio di amministrazione all’interno dei due enti.
Ma che cosa prevedeva la proposta di Di Maio? Uno stipendio dal valore di 150mila euro per i presidenti di Inps e Inail, 40mila per il vice (60 in caso di deleghe) e 23mila per ogni componente del cda. Il 7 agosto scorso Nunzia Catalfo e Roberto Gualtieri hanno quindi formalizzato i nuovi emolumenti, con data di decorrenza dalla data di nomina.
Dalla suddetta ricostruzione appare evidente come Salvini avesse di fatto dimezzato lo stipendio del presidente dell’Inps, prima che Di Maio lo raddoppiasse in un secondo momento. La nota contenente le cifre esatte dei nuovi emolumenti, datata 12 giugno 2019, sarebbe stata indirizzata alla Direzione generale per le politiche previdenziali del Ministero del Lavoro e, per conoscenza, anche al premier Giuseppe Conte (che ha negato di essere a conoscenza dell’intera storia), all’allora ministro del Tesoro, Giovanni Tria, e al Ragioniere dello Stato, Biagio Mazzotta.
Dal canto suo Tridico ha dichiarato che non c’è mai stato alcun rischio che l’aumento del suo stipendio potesse decorrere dalla nomina. Un’eventualità smentita anche dalla Direzione Risorse Umane dell’Inps e che avrebbe consentito al presidente dell’Istituto di ricevere arretrati per un valore complessivo di circa 100mila euro. Per cercare di fare ulteriore chiarezza il Ministero del Lavoro ha diffuso una nota in cui ha specificato che la determinazione dei compensi si “perfeziona al momento dell’insediamento del cda” .
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