Bergoglio ha trasformato la Chiesa in un partito di sinistra: ma ora i cattolici si ribellano
Conviene ancora parlare di “cattolici in politica”? L’ultima turnata valida per le elezioni regionali ha posto anche questa domanda, che è centrale per la vita politica del paese. La linea del Vaticano è piuttosto chiara: Papa Francesco non si occupa di politica interna. Dalla Santa Sede lo hanno ripetuto più volte in questi anni, quasi a voler sottolineare che la missione del pontefice è universale, dunque non può ridursi alle beghe tra partiti.
Certo è che la politica ed i cattolici hanno sempre camminato insieme, almeno in Italia. Il punto adesso è comprendere se quel cammino si sia interrotto o no. Proprio in Italia, dove San Giovanni Paolo II aveva individuato “un’eccezione”, un unicum valoriale.
Le analisi post-voto, prescindendo dall’appartenenza partitica di questo o di quel cattolico, sono abbastanza impietose. C’è chi, in specie sui social, parla di sparizione “dell’orizzonte” per i “cattolici“. La professoressa e bioeticista Assuntina Morresi è tra questi. E ha affrontato il tema su Facebook. Durante questi anni, abbiamo avuto modo di raccontare di come buona parte dei cattolici abbia guardato con favore ai partiti del cosiddetto fronte populista-sovranista. Ed è un tema ancora vero. Se non altro perché è una fotografia che dipende dalle statistiche.
Ma è difficile non notare come il fronte cattolico si sia spaccato tra l’opzione sovranista e quella cattolico-democratica, ossia quella che preferisce il Partito Democratico e più in generale il centrosinistra.
Questioni da porre ce ne sarebbero. Dalla “Zan-Scalfarotto” al “pendio scivoloso” intrapreso in bioetica dai giallorossi, la base continua a mobilitarsi contro l’alleanza tra la Chiesa cattolica ed il centrosinista, grillini compresi. A mancare, più che altro, sarebbe la cerniera in grado di collegare le rimostranze del basso con l’alto delle gerarchie ecclesiastiche. Il cardinal Camillo Ruini, all’interno delle sue disamine, ha spesso invitato i cattolici a ritrovare il “coraggio”. Anche nell’ultima intervista rilasciata per Tempi. La strada per il porporato è sembrata essere sempre la stessa: quella della cultura. Quella che la gestione attuale della Cei avrebbe in qualche modo abbandonato o comunque relegato ad una dimesione minore rispetto ai fasti del recente passato.
Nella fase successiva al lockdown, i vescovi italiani sembrano aver “aggiustato” il tiro, in particolare mediante le prese di posizione contro la “Zan-Scalfarotto”. Un atteggiamento che per i conservatori e i tradizionalisti serve a chiarire quale sia lo spazio in cui i cattolici agiscono. Ma come stanno oggi i cattolici in politica della nostra nazione?
Come si muovono oggi i cattolici
I cattolici, tradizionalmente maggioritari in Italia, svolgono ancora un ruolo nella politica odierna? La Chiesa cattolica, e nello specifico la Santa Sede, ha da poco tuonato in relazione a due temi che stanno tornando d’attualità: l’aborto e l’eutanasia. “Tra poco benedirò una campana che si chiama ‘La Voce dei non Natì, commissionata dalla Fondazione ‘Sì alla Vità. Essa accompagnerà gli eventi volti a ricordare il valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale”, ha detto Jorge Mario Bergoglio in una delle sue ultime udienze generali, così come ripercorso dalla Lapresse. E ancora: “”La sua voce risvegli le coscienze dei legislatori e di tutti gli uomini di buona volontà in Polonia e nel mondo – ha aggiunto – Il Signore, unico e vero Donatore della vita benedica voi e le vostre famiglie”. Il vescovo di Roma ha insomma ribadito ferma contrarietà a quelle iniziative legislative che aprono all’esistenza di un vero e proprio “diritto all’aborto”, mentre sempre da piazza San Pietro è arrivato pure un monito diretto a coloro che considerano l’eutanasia un “diritto”.
Il papa emerito Joseph Ratzinger avrebbe detto “nuovo diritto”. Come si esplica la battaglia su questi ed altri temi da un punto di vista pratico? Il professor Eugenio Capozzi, che insegna storia contemporanea all’Università Sant’Orsola di Napoli, intravede una disgregazione complessiva del fronte. Intervistato da IlGiornale.it, Capozzi ci ha parlato di una “impressione”, quella per cui “rispetto al periodo del partito unico e a quello del bipolarismo (cattolici sociali contro cattolici liberali o intransigenti sui valori non negoziabili) nell’era dell’antipolitica trionfante la parte di società che è ancora cattolica praticante si sia votata ormai a rapportarsi alla politica in ordine totalmente sparso, cercando volta a volta riferimenti su questo o quel tema, ma senza ancoraggi stabili”. Una certa confusione, insomma, sarebbe alla base del comportamento politico dei cattolici.
Poi arriva la specificazione: “L’elettorato cattolico ha largamente sposato, soprattutto nel Centro-Sud, l’ondata antipolitica del Movimento 5 Stelle, senza farsi molte domande su quanto l’appoggio a quel movimento fosse coerente con le posizioni della Chiesa su dottrina sociale o bioetica. E al tempo stesso, sulla questione dell’immigrazione, non ha esitato in molte sue parti ad appoggiare le posizioni di Salvini e della Meloni. In generale il comportamento politico dei cattolici, sia come elettori sia nella politica attiva, è sempre più umorale, polverizzato, sconnesso da una visione generale della società e delle istituzioni, e pienamente interno ad un processo compiuto di secolarizzazione radicale”. Una difformità di vedute per cui sarà utile ricercare qualche “perché”. Comunque la si veda, un accento andrebbe posto sull’universo pro family e pro life, unico vero fenomeno in crescita nel panorama cattolico nel corso di quest’ultimo decennio.
Il contributo dato dalle posizioni della Cei
La Conferenza episcopale italiana non è quella di qualche anno fa. L’ecologia, l’accoglienza universale dei migranti e la revisione delle logiche di distribuzione della ricchezza sono le tre architravi della pastorale di questo pontificato, dunque anche quelle dell’episcopato italiano. Difficile contraddire l’esistenza di quel trittico. A farne le spese, in qualche modo, è stata proprio la bioetica, che nonostante rappresenti un campo di battaglia decisivo, viene interessata sempre meno da riflessioni provenienti dal ceto ecclesiastico. O almeno questa è la sensazione che i conservatori ed i tradizionalisti dicono di avere.
Continua a leggere su Il Giornale