Migranti, Orban inchioda l’Ue: “Sigillare i confini dell’Europa”
L’Ungheria e l’Unione Europea sono sempre più lontane. Il patto per le migrazioni e l’asilo presentato dalla Commissione Europea e volto a superare, almeno parzialmente, il Trattato di Dublino ha già suscitato le ire della nazione guidata da Viktor Orban.
Zoltan Kovacs, portavoce dell’esecutivo di Budapest, ha chiarito in una nota come sia necessario garantire la protezione delle frontiere esterne dell’Unione Europea e dello Spazio Schengen, che dovranno permanere sigillate in tutte le loro sezioni e come debbano essere creati hotspot esterni per trattare le richieste di asilo. La posizione di Budapest è in aperto contrasto con quella di Bruxelles e con il patto voluto dalla presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. Il piano poggia su tre punti cardine: uno screening pre-ingresso con il quale vengono identificate tutte le persone entrate nell’Unione Europea senza autorizzazione o recuperate attraverso le missioni di salvataggio in mare, una seconda fase in cui, in seguito all’avvio dell’eventuale procedura di asilo, viene rimarcata la necessaria solidarietà tra gli Stati Membri dell’Unione in tema di ricollocamento ed infine un terzo pilastro che prevede accordi con i governi extra-europei sia per la gestione dei flussi migratori che dei rimpatri.
Il piano della Commissione è destinato a deludere molti membri dell’Unione Europea. I Paesi di primo sbarco, tra cui ci sono Italia, Spagna e Grecia, non potranno beneficiare di un esplicito obbligo di ricollocamento in altre nazioni mentre gli Stati del Blocco di Visegrad, capeggiati dall’Ungheria ma tra cui ci sono anche Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia, sono ideologicamente agli antipodi di questa soluzione. Budapest ritiene, come confermato dallo stesso Kovacs (le cui parole sono riportate da ekathimerini.com), che “l’Unione e gli Stati membri dovrebbero cooperare per allontanare il problema migratorio dai confini”. La posizione del governo ungherese è chiara: bisognerebbe aiutare le popolazioni in difficoltà nei luoghi di origine piuttosto che traslare il complesso problema nel Vecchio Continente.
Quello tra Orban e le istituzioni europee appare, sempre più, come un rapporto logoro ed in crisi. Il primo ministro ungherese è finito più volte nell’occhio del ciclone per le (presunte) violazioni del sistema democratico e per le dure posizioni assunte in materia di immigrazione. A partire dal 2017 i richiedenti asilo in Ungheria vengono convogliati nei controversi campi delle “zone di transito”, dove devono attendere la processazione delle loro richieste. Un trattamento che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha equiparato alla detenzione illegale nel maggio del 2020. Budapest ha in seguito espresso tutta la propria disapprovazione per la sentenza, dichiarando di non volerla accettare. Il comitato anti-tortura del Consiglio d’Europa ha invece affermato, come riportato dall’ANSA, che “”È al di là di ogni ragionevole dubbio che i migranti irregolari catturati dalla polizia ungherese corrano il serio rischio di essere soggetti a maltrattamenti fisici” come dimostrato dalle numerose denunce ricevute.
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