Se la sinistra ha finito le idee…

Sembrano lontani i tempi in cui i grandi leader del passato della sinistra italiana scendevano nelle piazze stracolme di manifestanti per esprimere la propria visione di un mondo aperto all’equità ed alla giustizia, di un mondo in cui tutti potessero esprimere la propria voce e in cui nessuno potesse essere privato delle proprie libertà. A ben vedere il calendario, però, non è passato nemmeno un trentennio da quando i grandi partiti che hanno infervorato la politica italiana per quasi mezzo secolo sono implosi uno dopo l’altro, sino alla “tragedia” di Mani pulite.

Un’inchiesta, quella, che ha fatto ben altro che condannare coloro che negli anni aveva compiuto – secondo sentenze – abusi di potere per perseguire interessi privati e di partito. L’Italia che è uscita dai tribunali è stata cambiata radicalmente nel suo volto: e così anche il modo stesso di fare e di intendere la res publica, nel significato latino del termine. Da quel momento in avanti, gli stessi vecchi politici che per anni avevano dominato la scena pubblica hanno indebolito i propri discorsi, trasformando gli storici ideali progressisti nell’ombra di loro stessi. E soprattutto, dall’inchiesta di Mani pulite è sparito un grande attore della scena politica che aveva sempre fatto da collante soprattutto con le classi meno abbienti della popolazione italiana: la sinistra.

Dalle battaglie sociali ai “contentini” elettorali

Se nell’ultima tornata elettorale la maggioranza dei voti provenienti dal ceto operaio si è riversata nel serbatoio della Lega in Nord Italiana e nel Movimento cinque stelle e Fratelli d’Italia al Sud qualcosa deve essere necessariamente cambiato. Un tempo territorio amico del Partito comunista e di tutta quella serie di partiti che da lui sono discesi adesso proprio i ceti meno abbienti si sono rivelati essere il nemico principale della sinistra italiana, diventata sempre di più espressione di una – odiata – élite.

Dalle grandi battaglie per i diritti sociali, infatti, si è passati alla difesa delle minoranze, ne tentativo di recuperare terreno in termini di consenso garantendo dei diritti che, nella maggioranza dei casi, non sono in realtà mai stati accordati. Un’eterna promessa, buona per tutte le occasioni, che ha dissolto l’impatto della dialettica di sinistra, svuotandola sempre di più sino a portarla, negli ultimi anni a questa parte, a doversi confrontare esclusivamente presentandosi come alternativa alla Destra tradizionale: abbandonando i progetti e dedicandosi esclusivamente agli attacchi verbali.

La Sinistra gioca soltanto sulla critica

Mentre in Europa ed in generale nel mondo occidentale questo fattore è diventato evidente soltanto dal 2015 in avanti, in Italia sin dai governi guidati da Silvio Berlusconi la sinistra si è dedicata esclusivamente all’attacco del proprio avversario, senza mai presentare valide soluzioni alternative. Lo scopo è sempre stato lo stesso: giocare per distruggere l’immagine del proprio avversario, così da renderlo peggiore agli occhi del popolo – e dimenticandosi di combattere, invece, per apparire migliori.

Questo gioco, però, non ha quasi mai pagato. Conosce molto bene questo particolare Pierluigi Bersani, che non riuscì a formare un governo nemmeno in un momento in cui, grazie alla situazione disastrosa in cui stava viaggiando l’Italiana post-governo Monti, avrebbe dovuto vincere tutto; e invece si piazzò di poco sopra alla coalizione di centrodestra. E lo conosce molto bene anche Matteo Renzi, che è riuscito a portare prima il Partito democratico al suo massimo storico ed in seguito ad affondarlo al suo minimo, sempre a causa della stessa mancanza di progetti solutori per le problematiche reali.

Quando si fonda la propria campagna elettorale esclusivamente sulla critica al proprio avversario, si compie un errore molto comune ma che risulta discriminante per l’esito delle votazioni. A causa di questo atteggiamento, infatti, l’elettorato percepisce una sensazione di inadeguatezza e inferiorità: perché quando si sarà ipoteticamente al governo (come in questo momento), quale sarà la linea tenuta dalla sinistra? Inizieranno i progetti costruttivi o verrà ancora una volta portata avanti esclusivamente la critica verso i propri avversari? E sotto questo aspetto, la linea di governo dell’esecutivo Conte II è stata abbastanza chiara, propendendo in modo principale per la seconda ipotesi.

La sinistra occidentale non sa più dove andare

Uscendo dal territorio italiano, le stesse problematiche si sono riscontrate anche nel resto del mondo. Nel Regno Unito, per esempio, dove Boris Johnson ha affrontato un partito laburista che sembra l’ombra di se stesso e che non è risultato in grado di difendere nemmeno le proprie roccaforti nel Galles e nell’Inghilterra operaia. E negli Stati Uniti, una politica di lunga data come Hillary Clinton è stata sconfitta in modo rocambolesco da un Donald Trump che, sino a quel momento, non avrebbe scommesso nemmeno su se stesso (e per comprenderlo, basta andarsi a rivedere i video della “festa repubblicana”, dove la dirigenza del partito non aveva preparato nemmeno il discorso per la vittoria).

Entrambe queste sconfitte, in fondo, sono però da ricondursi proprio a questo atteggiamento che la sinistra sta portando avanti ostinatamente da alcuni anni a questa parte e che, di fatto, ha dissolto la sua carica progressista e creativa che da sempre l’ha contraddistinta e della quale la politica necessiterebbe almeno come bilanciamento. Ma il dramma, tuttavia, è insito nell’incapacità nel rendersi conto degli errori che sono stati compiuti in questo gioco “di rincorsa”, ostinandosi a portare avanti un piano d’azione che, dati alla mano, non ha mai pagato. E che, con ogni probabilità, sarà destinato a continuare ad essere fallimentare.

il giornale.it

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