L’Italia avrà la sua atleta trans a gareggiare con le donne. “Non sono sleale, non ho vantaggio fisico”
Che non si dica più che l’Italia è un Paese transfobico, finalmente anche noi stiamo al passo coi tempi: Valentina Petrillo, nata come Fabrizio Petrillo, correrà i 200 metri nei campionati paralimpici assortiti nella categoria T12, quella riservata agli ipovedenti. Avremo, in sostanza, anche noi, il nostro bravo atleta transgender biologicamente maschio che partecipa a competizioni fino ad ora riservate alle donne.
Petrillo: “Gli ormoni mi hanno cambiato il fisico”
Come Fabrizio Petrillo, l’atleta ha guadagnato ben 11 titoli italiani. «Nel ’95 ho buoni risultati, potrei classificarmi per le olimpiadi di Atlanta, ma non mi sento a mio agio come uomo e lascio perdere, la mia ultima gara maschile è a ottobre del 2018». Ora correrà a Jesolo tra le donne nonostante non si sia ancora sottoposta all’operazione di cambio sesso: ha iniziato il trattamento ormonale a gennaio del 2019 e, rientrando nei parametri dell’eleggibilità per atleti trans «da maschio a femmina» in vigore nel regolamento della World Athletics potrà gareggiare: in 12 mesi continuativi una concentrazione certificata di testosterone inferiore a 5nmol/L. «Non sono una persona né sleale né scorretta – sottolinea Petrillo rispondendo alle accuse di chi, giustamente, osserva l’evidente disproporzione fisica e di prestazioni tra un atleta biologicamente uomo e un’atleta donna – inseguo un sogno e la felicità. Mi sento donna a prescindere da quello che ho tra le gambe». Con la terapia ormonale la struttura fisica cambia e le prestazioni diminuiscono: «Il primo mese sono ingrassata dieci chili, per 90 giorni non sono riuscita a correre, mi faceva male tutto. La mia mente andava veloce, il mio corpo no. Sono stati mesi distruttivi», insiste.
Le atlete trans di tutto il mondo schiacciano le donne biologiche
Diminuiscono, certo: ma la struttura muscolare assicura comunque prestazioni atletiche maggiori rispetto a donne biologicamente tali. E non lo sostiene chi vi scrive sulla base di chissà quali pregiudizi, ma i risultati delle atlete transgender di oltreoceano quando gareggiano contro le donne. Volete degli esempi? La sollevatrice di pesi neozelandese Laurel Hubbard che da due anni fa incetta di medaglie d’oro gareggiando nella categoria donne; l’atleta di mma Fallon Fox capace di mettere ko le avversarie in 39 secondi, e che ha regalato all’atleta Tamikka Brents una commozione cerebrale, una frattura ossea orbitale e sette punti alla testa nel 1 ° round di un incontro; Mary Gregory, powerlifter, che ha battuto 4 record mondiali nella categoria femminile. O il corridore Caster Semenya.
Del resto è stata proprio la scienziata ed atleta transgender Joanna Harper a rilasciare una intervista ad Abc nella quale spiegava che sì, i livelli di testosterone nelle donne trans saranno anche bassi, ma «le donne trans avranno ancora dei vantaggi dopo? Certo. Tutta la massa muscolare e la forza non andranno via».
Preoccupazione dal mondo delle sportive
Questa deriva non preoccupa solo noi cattivoni transfobici che meriteremmo di essere rinchiusi in campi di rieducazione Lgbt, ma le stesse atlete. Martina Navratilova è intervenuta sulla questione affermando ce «E’ sicuramente ingiusto per le donne che devono competere contro persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere contro di lei». Inutile dire che la leggendaria tennista era stata investita da uno tsunami di critiche per aver detto l’ovvio. La vincitrice di 18 titoli del Grande Slam, dichiaratamente lesbica, era stata per questo motivo estromessa dall’organizzazione Lgbt denominata Athlete Ally. Le aveva fatto eco la nostra Flavia Pennetta, affermando che i transgender «sono geneticamente diversi. Superiori fisicamente. Hanno più potenza. Va bene che vogliamo rendere il mondo aperto, vogliamo essere liberi in tanti aspetti. Ma esiste anche un ordine delle cose».
Non sappiamo se Petrillo gareggi con le donne per avere «la vita facile», questo è un problema che riguarda la coscienza individuale. Ma alla leggenda delle «prestazioni diminuite» e alla competizione ad armi pari, ci dispiace ma vi crediamo poco.
Cristina Gauri