Navigazione a vista sta portando il centro sinistra all’irrilevanza proprio quando l’Italia ne avrebbe più bisogno. Ripensare tutto: linguaggio, idee, persone, organizzazione. Allargare e coinvolgere su una nuovo manifesto. Andare oltre @pdnetwork. Subito! #fronterepubblicano
Pd, l’ora della fine. Carlo Calenda: “Cambiare tutto”. E Maurizio Martina si suicida: “Facciamo…”
Forse il 24 maggio verrà ricordato come l’ultimo giorno di vita (comatosa) del Pd. I ballottaggi delle Comunali hanno decretato il tramonto della Toscana rossa, con il centrodestra che strappa le roccaforti Siena, Pisa e Massa, ma è qualcosa più di un simbolo, perché il centrosinistra perde dal Piemonte alla Sicilia. È la fotografia di un disastro politico che l’ex ministro Carlo Calenda, iscritto da pochi mesi e già iper-critico, riassume in poche righe su Twitter.
Chiede una svolta radicale, Calenda, un po’ come Roberto Giachetti che ospite di Agorà su Raitre chiede l’elezione immediata di “una nuova classe dirigente che lo conduca e lo rilanci con una nuova linea politica”. No secco, insomma, alla “sterilizzazione fino alle europee del 2019”. Il “ripensare tutto” di Calenda non si traduce però solo in nuovi quadri e nuovo segretario. Da mesi propone la creazione di un nuovo soggetto di centrosinistra, un “Fronte repubblicano” di respiro europeo da contrapporre a Lega e M5s. Europeisti contro populisti/sovranisti, insomma, che al momento però non promette nulla di buono per i dem. Gli risponde Maurizio Martina, segretario reggente ospite di Circo Massimo su Radio Capital: “Abbiamo tanto da cambiare nei linguaggi e nelle idee ma non sono d’accordo sul superamento del Pd. Credo nella ricostruzione di un campo progressista, democratico di centrosinistra con un Partito democratico rinnovato al centro”. Un partito, spiega Martina, che deve guardare agli altri partiti socialisti europei e non solo. Il banco di prova dovrebbe essere proprio il voto del 2019, con un fronte comune da En Marche di Emmanuel Macron a Syriza di Alexis Tsipras. Una armata Brancaleone che, risultati elettorali alla mano, rischia di venire rasa al suolo definitivamente.