Immigrazione, il governatore Marsilio: “In Abruzzo niente soldi per la ricostruzione, ma il governo manda i migranti”
«Ho pregato in ginocchio Conte di sbloccare i miliardi che sono fermi: dopo 4 anni migliaia di terremotati non hanno ancora una casa. I soldi vanno usati per la ricostruzione. Abbiamo centinaia di cantieri paralizzati, piccoli e grandi, creerebbero lavoro, economia reale, e non sussidi. Ma i temi della ricostruzione entrano sempre nel prossimo decreto. Io l’ho ribattezzato così: il decreto del terremoto è il “decreto prossimo”. Non ho chiesto ulteriori fondi, ma solo il permesso di proseguire le opere. Purtroppo il governo ha considerato prioritario il bonus per i monopattini».
Quando è stato eletto governatore dell’Abruzzo, a febbraio 2019, Marco Marsilio – primo presidente di Regione di Fratelli d’Italia – la delega per la ricostruzione l’ha tenuta per sé. Impegno morale prima che politico. Il 6 aprile 2009, alle 3.32 del mattino, la scossa di magnitudo 6.3 che ha dato il via allo sciame sismico de L’Aquila, 309 morti, 1.600 feriti e 80 mila sfollati. Il 24 agosto 2016, quasi alla stessa ora, le 3.36, un nuovo terrificante boato con epicentro tra le valli del Tronto, i monti dell’Alto Aterno, della Laga e i Sibillini. «Il governo, allora presieduto da Renzi, avrebbe dovuto limitarsi a seguire l’esempio di Berlusconi a L’Aquila. Invece, solo per motivi ideologici, ha deciso di cambiare».
È lì che si è innescata la spirale di ritardi?
«È cominciato tutto così, e non poteva essere altrimenti. Hanno nominato commissario straordinario Errani, l’ex presidente dell’Emilia-Romagna. Poi i commissari sono cambiati ogni anno: non c’è stata continuità né amministrativa né d’indirizzo. Abbiamo subìto il fallimento di un modello che non era adatto a questo territorio. Sono stati commessi errori tragici».
Il più grave?
«Non aver accantonato una burocrazia che prevede decine di passaggi per qualsiasi cosa, ricostruzioni documentali impossibili, come le conformità urbanistiche di piccoli comuni i cui uffici sono stati devastati dal sisma. Se ogni volta bisogna passare dal piano di pre-fattibilità, a quello di fattibilità, poi il preliminare, il definitivo, l’esecutivo… Se per ciascun livello devi fare una gara europea, servono 2-3 anni solo per avviare il cantiere».
La ricostruzione del ponte di Genova però è stata veloce.
«È stata concessa maggiore autonomia alle istituzioni locali: la ragione è questa. Speriamo che avvenga anche per tutte le grandi opere annunciate. Oltre a Genova però ci sono altri esempi».
Quali?
«L’ospedale Covid a Pescara, per il quale ho ricevuto poteri diretti. Appena è arrivato il finanziamento abbiamo ristrutturato 4 piani di un’ala abbandonata da decenni. In meno di 15 giorni abbiamo indetto la gara e assegnato il cantiere. In altri 20 è stato terminato il primo lotto. I lavori dovevano essere consegnati il 31 luglio: siamo riusciti ad anticipare al 15. Abbiamo realizzato 181 posti letto, 40 tra terapia intensiva e sub-intensiva, risparmiando il 29% sull’importo previsto inizialmente. Alla gara hanno partecipato in 11. Non pretendo che ogni procedura vada così spedita, ma se gli enti locali avessero maggiore libertà sarebbe un vantaggio e un risparmio per tutti. Se lo Stato sbloccasse la ricostruzione, anziché tenere gli sfollati in albergo, spenderebbe meno».
Un bilancio parziale sulla stagione turistica.
«Contrastante. La costa teramana ha sofferto moltissimo e si è ripresa solo nell’ultima settimana. Il porto di Pescara invece ha avuto un’impennata del 30%. Poi abbiamo fatto un gran colpo col ritiro del Napoli a Castel di Sangro: ci sarà il pienone».
In Abruzzo il virus non era stato così violento. Da un mese i contagi sono cresciuti in modo sensibile.
«La stragrande maggioranza sono d’importazione. Ci hanno mandato più di 200 immigrati dalla Sicilia, avevamo chiesto di non farlo, il numero era eccessivo. Il governo ci aveva assicurato che avrebbe effettuato controlli preventivi, ma abbiamo dovuto farli noi: il 40% è risultato positivo».
Ci sono situazioni che la preoccupano più di altre?
«Stiamo registrando casi ovunque: a Moscufo, Civitella, Canistro, a L’Aquila, Teramo».
Alcune Regioni hanno dichiarato l’indisponibilità ad accogliere nuovi richiedenti asilo.
«Anche noi, però continuano a mandarceli. Non abbiamo il potere di opporci. I governatori, in tema di immigrazione, possono solo segnalare il problema».
Sembra rassegnato.
«Cosa dovremmo fare: sdraiarci a terra per non far passare i pullman carichi di migranti? Magari un giorno saremo costretti…».