Migranti in rivolta danno fuoco al Cpr di Gradisca: volevano scappare. Ferito un carabiniere
Una polveriera è diventato nella notte tra il 14 e il 15 agosto, il Centro per i rimpatri di Gradisca. Un gruppo di immigrati detenuti all’interno del centro ha tentato di evadere sollevando una sommossa. Hanno seminato il panico, ferito un carabiniere, dato il via a una sommossa. Hanno bruciato suppellettili e arredi interni, materassi; mentre una decina di uomini hanno provato a sfondare il cancello d’ingresso. L’intervento delle forze dell’ordine accorse sul posto ha evitato il peggio. La rivolta è stata sedata senza che nessuno dei migranti riuscisse a scappare. Negli scontri, però, un carabiniere ha riportato una ferita, ora è all’ospedale di Gorizia.
Gli immigrati volevano scappare per evitare il rimpatrio
Dall’ex caserma Polonio ci sono migranti in stato di fermo che attendono l’espulsione e il rimpatrio. Qui si è levato del fumo, l frutto degli incendi di materassi e suppellettili del Cpr. Nella zona la rabbia e l’esasperazione dei residenti gradiscani e degli operatori della struttura sono alle stelle. Da tempo hanno denunciato aggressioni da parte di immigrati in attesa di espulsione. I tre arrestati, ora rinchiusi nel carcere di Gorizia, sono di nazionalità tunisina e per loro l’accusa è di lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato e danneggiamento a seguito di incendio, leggiamo sul Giornale.
Ad aver avuto la peggio – come sempre in queste drammatiche settimane- sono state le forze dell’ordine intervenute. Il carabiniere ha rimediato un profondo taglio sulla fronte, trasportato al pronto soccorso i medici hanno dovuto far ricorso ad alcuni punti di sutura per chiudere il taglio. La ferita è stata considerata guaribile in pochi giorni. Nessun migrante è risultato ferito negli scontri. In questo momento all’interno del Cpr di Gradisca d’Isonzo si trovano circa 75 migranti e la situazione continua a essere tesa. Le rivolte di Gradisca si aggiungono a una situazione quasi al collasso per quanto sta accadendo all’ex Caserma Cavarzerani di Udine, a quelle dell’ex Caserma Serena di Treviso. Che oggi è diventata il più vasto focolaio di Covid.