Papa Francesco, il vaticanista: “Poco ascoltato e seguito dai cattolici”

Cattolicesimo a bassa intensità. È quello che ormai contraddistingue anche l’ Italia, che sembrava destinata a «salvarsi» dall’ onda travolgente del secolarismo. Almeno così sperava ancora qualche decennio fa papa Giovanni Paolo II, quando parlava della felice «eccezione» italiana rispetto a un’ Europa sull’ orlo della scristianizzazione. Oggi invece quello nostrano è diventato un cattolicesimo labile, distaccato sempre più dalla dottrina ma anche dalle indicazioni di papa Francesco, soprattutto quando si tratta di entrare nell’ agone concreto della politica.

Così Sandro Magister, noto vaticanista di lungo corso, definisce la trasformazione in atto nei cattolici italiani.

I cattolici e la politica: cosa sta succedendo?
«La presenza dei cattolici in politica è piuttosto singolare. Nei governi più recenti, a partire dai vari premier, i cattolici dichiarati sono stati predominanti. Pensiamo a Mario Monti, a Enrico Letta, a Matteo Renzi, a Paolo Gentiloni... E questa presenza è sempre molto nutrita tra le fila del Parlamento stesso. A questa presenza massiccia fa da contraltare una vera e propria irrilevanza dal punto di vista legislativo. Si pensi ai passi in avanti verso il riconoscimento delle unioni di fatto, verso la fecondazione assistita, verso il testamento biologico, che potrebbe aprire la porta alla pratica dell’ eutanasia… Molto lontani i tempi dei leader cattolici carismatici e capaci di dettare l’ agenda politica e di incidere concretamente come Alcide De Gasperi, Luigi Sturzo, Giuseppe Dossetti…»

Il voto cattolico, poi, è sempre più frammentato e sembra decisamente aver premiato, nell’ ultima tornata elettorale, Matteo Salvini e la Lega…
«Sì, questo voto è diventato sempre più frammentato e, soprattutto in occasione dell’ ultima tornata elettorale, orientato verso la Lega. Bisogna ricordare che il partito leghista affonda le proprie radici in quelle regioni del Nord Italia in cui ha avuto origine lo stesso cattolicesimo sociale italiano».

Il tema dell’ immigrazione è fortemente divisivo per il mondo cattolico. Ha giocato un ruolo centrale nel premiare un partito come la Lega?
«Papa Francesco lancia ripetuti appelli all’ accoglienza senza compromessi, alla misericordia. I suoi messaggi hanno grande risonanza, soprattutto mediatica. E piacciono molto, ma principalmente a chi non è credente. E al momento del voto i cattolici, evidentemente, seguono altri criteri. Dimostrando tutta la propria diffidenza contro un fenomeno immigratorio percepito come indiscriminato, senza tenere conto della realtà sui territori, capace di assumere connotati pericolosi e destabilizzanti».

Analisi e sondaggi, anche quelli più recenti, confermano il fatto che i cattolici praticanti diminuiscono, soprattutto fra gli adolescenti e i giovani adulti, sempre più lontani dalle chiese e dalle pratiche religiose. Si tratta di un dato incontrovertibile?
«Credo che sia impossibile negare questa realtà. La nostre radici culturali e sociali restano cattoliche, ma nella quotidianità il cattolicesimo nostrano si dimostra sempre più a bassa intensità. Sempre più distaccato dalla dottrina, sempre più labile, assecondato dalla permissività diffusa dall’ immagine di questo Pontificato. Tutti citano quella che è diventata un’ etichetta Doc del magistero di Francesco, ossia la frase “Chi sono io per giudicare”, che viene universalmente tradotta nella convinzione che niente può più essere vagliato e giudicato. Con il risultato che la fede diventa autoferenziale e disincarnata. Le chiese restano vuote, anche se il bisogno del sacro e del Mistero non si esaurisce, anzi è destinato a crescere».

 

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