Consiglio Ue: vincono i falchi del nord ma Conte esulta. All’Italia 127 miliardi di prestiti
Bruxelles, 21 lug – All’alba del quinto giorno di negoziati del Consiglio Ue straordinario su Recovery fund e bilancio 2021-2027 arriva l’accordo tra i 27 Paesi membri. E no, non è “la migliore intesa possibile” come afferma Giuseppe Conte con i toni di chi ha vinto. La verità è che, dopo aver tenuto in stallo per 4 giorni e 4 notti il Consiglio, i falchi del nord (che con un eufemismo a dir poco indulgente vengono definiti Paesi “frugali”) ottengono quello che hanno chiesto. Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia – forti del fatto che per decidere al Consiglio Ue serve l’unanimità – hanno ottenuto una serie di condizioni rispetto al pacchetto iniziale di soldi Ue per la crisi economica scatenata dall’emergenza pandemia e alle modalità iniziali di erogazione di tali soldi.
Recovery fund: i prestiti salgono da 250 a 360 miliardi
Nel dettaglio, il bilancio Ue è di 1.074,3 miliardi e il Recovery fund resta del valore complessivo di 750 miliardi, come proposto dalla Commissione Ue. Ma, proprio come chiedevano i Paesi “frugali”, è stata aumentata la percentuale di prestiti rispetto ai trasferimenti. Pertanto i trasferimenti scendono da 500 a 390 miliardi (che era la proposta del presidente del Consiglio Ue Michel fatta ieri pomeriggio) e i prestiti invece aumentano da 250 a 360 miliardi. Per salvare gli aiuti già “promessi” agli Stati Ue nella prima proposta e che presentavano criteri di allocazione predefiniti, Michel ha dovuto eliminare alcuni programmi che non avevano già un’assegnazione nazionale certa, come per esempio il fondo per la ricapitalizzazione delle imprese europee.
I falchi del nord ottengono il “freno di emergenza”
Ma soprattutto, i falchi del nord ottengono il cosiddetto “freno di emergenza“. Ciò significa che i piani di ripresa saranno approvati a maggioranza qualificata dall’Ecofin su proposta della Commissione e non all’unanimità come chiedeva inizialmente il premier olandese Rutte,ma – e qui sta la vittoria dei “frugali” – un singolo Paese potrà chiedere l’intervento del Consiglio Ue per bloccare l’esborso dei soldi se riterrà che un Paese non stia effettuando le riforme nel modo promesso. Secondo l’accordo, il Consiglio viene coinvolto ma l’intera procedura ricade sotto la competenza della Commissione. Un dettaglio tecnico che magari Conte sfrutterà per dire che l’ha spuntata rispetto alle richieste di Rutte ma la sostanza non cambia: non appena l’Italia richiederà e otterrà i prestiti, avrà gli occhi della Commissione (e di tutti gli Stati membri) puntati addosso. Saranno tutti pronti a farci le pulci su come spendiamo i soldi e come portiamo avanti le riforme.
Altra vittoria dei “frugali”: sale lo sconto per loro sui contributi al bilancio Ue
Altra vittoria dei falchi del nord: ottengono non solo che i “rebate” (i meccanismi di rimborso sul bilancio Ue) rimangano, ma sale lo sconto di cui godono sui contributi al bilancio europeo, mentre quelli della Germania restano invariati. Nel dettaglio, i rimborsi previsti per la Danimarca ammontano a 322 milioni di euro l’anno, all’Olanda 1,931 miliardi, all’Austria 565 milioni e alla Svezia 1,069 miliardi.
All’Italia 63,5 miliardi di sovvenzioni e 127,4 miliardi di prestiti
Nello specifico, in base all’accordo, all’Italia vanno circa 208,8 miliardi di cui 81,4 di trasferimenti e 127,4 di prestiti (rispetto ai 90,9 iniziali). A spulciare bene le cifre, il nostro Paese avrà a disposizione circa 63,5 miliardi di sovvenzioni (ma non si sa ancora come) e 127,4 miliardi di prestiti (che quindi aumentano, e di molto) per fare le riforme secondo le priorità e le raccomandazioni imposte dalla Ue.
Ma i soldi ancora non ci sono
Al di là del fatto che tutti cantano vittoria perché ognuno ha ottenuto qualcosa e può tornare a casa soddisfatto, al di là degli applausi e dell’autocompiacimento per quanto la Ue sia brava, seria e responsabile, va detto che i soldi ancora non ci sono e che è tutto ancora virtuale (il bilancio dovrà essere approvato dal Parlamento Ue). I soldi non si sa ancora né come verranno raccolti né come verranno distribuiti. Quello che si sa è che l’Italia potrà richiedere i soldi (che poi sono in grandissima parte quelli che versiamo nel bilancio Ue) a partire dal 2021 e dovrà restituirne la gran parte a condizioni tali da rischiare il commissariamento dell’economia.
Adolfo Spezzaferro