M5S, il collante è solo la poltrona. Su Grillo cala il sipario: a breve i fischi del pubblico pagante
La crisi nera del M5S è tutta in due numeri: 10 e 35. A Napoli li giocherebbero al lotto, tra i grillini – invece – fanno più paura del 90. Il dieci, infatti, indica la soglia psicologica al di sotto della quale il MoVimento è destinato a squagliarsi come un gelato al sole di agosto. È lì che Crimi ha infatti fissato l’asticella nelle Regioni al voto. Tranne la Liguria, terra dell’Elevato Grillo, dove ancora si cerca un accordo con il Pd, in tutte le altre il M5S balla da solo. Un voto inutile in partenza, senza alcuna possibilità di vittoria. Persino scontata la nuova emorragia elettorale. Sotto il dieci, la sconfitta sarà classificata come catastrofe.
Nel M5S è ormai guerra per bande
L’altro numero – il 35 – indica invece i grillini transitati altrove. Il pallottoliere del M5S stima che la soglia di sopravvivenza al Senato è appena cinque-sei seggi sopra il minimo indispensabile. Significa che un eventuale cedimento sul Mes o sulla revoca di Autostrade ai Benetton potrebbe equivalere alla caduta del governo Conte. Ma non per questo si andrebbe ad elezioni. Se c’è infatti uno spettro che terrorizza tutti i grillini, transfughi compresi, è quello delle elezioni anticipate. Gli odiatori della Casta si sono rivelati i più attaccati alla poltrona. Un classico.
Dibba pronto a sollevare i social contro gli eletti
Non è solo una questione di percentuali, ma anche di mandati. Chi ne ha fatti due, per il M5S non è ricandidabile. Ora, però, si stanno accorgendo che non è una buona idea. E che anche l’esperienza ha una certa importanza. Fosse per Di Maio, cancellerebbe quella regola in un baleno. Ma l’occhiuta vigilanza di Di Battista glielo impedisce: Dibba ha saltato il giro proprio per avere mani libere. E sarebbe pronto a sollevare i social se solo qualcuno osasse di sopprimere il divieto di superare il doppio mandato. Farebbe proseliti non tanto in Parlamento quanto fuori. Nel frattempo, il governo è paralizzato. Conte non prende i soldi del Mes e punta tutto sui Recovery Fund. Zingaretti dà segni di insofferenza perché intuisce di poterci rimettere la leadership. Grillo, in compenso, è desaparecido. Da vero animale da palcoscenico, ha capito che il sipario è calato. Attende solo i fischi del pubblico pagante.