Caso Palamara, lo sdegno di Taormina: «In tv ha ammesso reati, ma nessuno ha mosso un dito»
Tutto si potrà dire di Carlo Taormina, avvocato tra i più noti e già parlamentare di Forza Italia, tranne che non parli chiaro. Al principe del foro la mediaticità piace un sacco. E questo ne acuisce la vocazione da bastian contrario che nel suo passato politico lo ha portato talvolta a parlar più veloce di quanto avesse in realtà pensato. Non così, però, se il confronto verte su codici e pandette. Quando gioca in casa, si rivela un fenomeno. Non per questo rinuncia a stressare il concetto, ma solo per manifestarne la fondatezza o il suo contrario. Esattamente quel che ha fatto nell’intervista a Luca Telese per la Verità. L’argomento è quello noto del caso Palamara, il magistrato indagato per corruzione a Perugia.
Promuovere per meriti correntizi è «abuso d’ufficio»
Roba che scotta, ma per i denti di Taormina è pane croccante. Niente eufemismi, quindi, né infingimenti o ipocrisie. Il boccone è troppo ghiotto per ruminarlo a forza di perifrasi. Una lezione anche per i giornalisti, stranamente distratti sul contenuto dell’intervista di Palamara a Giletti e per nulla sconcertati a sentirgli dire che «l’unico requisito» richiesto alle toghe «per fare carriera era l’appartenenza alle correnti». Telese prova a stuzzicarlo derubricando il tutto a «comportamento riprovevole». Ma Taormina puntualizza: «Qui non stiamo parlando di stile o di etichetta: qui siamo parlando di un re-a-to». Quello stesso contestato ai sindaci ogni volta che compiono una nomina discrezionale: l’abuso d’ufficio. «La legge – spiega infatti l’avvocato – ci dice che la nomina dei magistrati deve dipendere dalla “valutazione di merito“». Invece si fa per correnti, con il benestare del Csm.
Taormina: «Non pagherà nessuno. Vige la logica del ricatto»
Taormina dice di aver già «catalogato 45mila pagine di chat». Sono le conversazioni captate dal trojan inoculato nel cellulare di Palamara. L’avvocato ne è in possesso perché patrocina una «magistrata integerrima», a suo dire «cacciata» dal leader di Unicost dalla strategica sezione preposta alle esecuzioni immobiliari. «Significa milioni di euro di immobili da gestire», sottolinea. Taormina è però convinto che tutto finirà a tarallucci e vino. Nel ragù delle correnti, azzarda, tutti «intingono il pane». Vige, par di capire, la logica del ricatto reciproco. Ne vedremmo delle belle, insomma. Sempre che ce le facessero vedere.