“Chiusure? Decide il governo” Così Conte “zittiva” le Regioni
Dpcm, conferenze stampa, interventi su Facebook, nomina di commissari e di task force: nell’affrontare la gravissima emergenza sanitaria scatenata dal Coronavirus, il premier Giuseppe Conte ha sempre deciso di agire da solo, fatta eccezione per quegli esperti chiamati a dargli dei consigli.
Eppure, adesso che la magistratura ha deciso di indagare su quanto accaduto in Lombardia, in particolare nella zona della Val Seriana, il presidente del consiglio sembra volersi disfare del ruolo di protagonista, puntando invece il dito contro le responsabilità dell’amministrazione regionale. “In caso di urgenza e necessità la Regione poteva procedere autonomamente, come effettivamente è avvenuto in seguito e come hanno fatto altre Regioni”, è stata la risposta dell’avvocato quando gli è stato chiesto per quale motivo, all’inizio dell’epidemia, non avesse deciso di isolare anche i due comuni di Nembro e di Alzano Lombardo, dove poi il virus ha colpito in modo devastante. Il rischio, ancora lontano, è veder scattare nei propri confronti un’incriminazione per epidemia colposa. Conte ha quindi di fatto scaricato tutta la responsabilità sulla Regione Lombardia, e si è dichiarato assolutamente tranquillo in merito all’indagine condotta dalla pm di Bergamo Maria Cristina Rota, giunta proprio ieri a Roma per interrogarlo.
I fatti, tuttavia, smentiscono il presidente del Consiglio, che nel periodo di emergenza sanitaria non garantì alle Regioni tutta l’autonomia di cui invece adesso parla. Caso emblematico quello delle Marche, dove il governatore Luca Ceriscioli, appartenente fra l’altro ad uno dei partiti che compone la maggioranza di governo (Pd), si ritrovò dinanzi ad un vero e proprio muro, quando decise di chiudere scuole e luoghi pubblici per evitare una diffusione del contagio nel territorio da lui amministrato.
Era il 25 febbraio scorso quando Ceriscioli, determinato ad attuare alcune misure di restrizione fino al 4 marzo, si apprestava a parlare ai propri cittadini in una conferenza stampa da lui convocata. Il presidente della Regione non fece in tempo ad aprire bocca che ricevette una telefonata da parte del premier, deciso a metterlo a tacere. Da qui lo scontro fra istituzioni. Ceriscioli emanò comunque la propria ordinanza, e ne suoi confronti si abbatté l’ira del premier, arrivato a rimproverarlo anche in diretta tv. “Ci ha sorpreso che dopo che tutti avevano concordato sul protocollo suggerito, le Marche abbiano realizzato una deviazione. Disporre la chiusura delle scuole crea problemi per i genitori. Ha solo effetti negativi e non positivi”, disse Conte a “L’aria che tira”, come riportato da “La Verità”. Il ministro Boccia rincarò la dose:”Con la sua decisione unilaterale di firmare un’ordinanza per la chiusura di tutte le scuole e Università della Regione Marche, il governatore Luca Ceriscioli si sfila dall’accordo raggiunto solo poche ore prima nell’incontro tra governo e Regioni alla Protezione civile e viene meno all’impegno preso con tutti gli altri governatori che invece si stanno attenendo alle disposizioni concordate”.
La vicenda finì davanti al Tar, e si concluse a sfavore del governatore Ceriscioli. “Lo Stato c’è e si fa rispettare”, commentò il ministro per gli Affari Regionali.
Pochi mesi più tardi, toccò invece alla neo presidente della Regione Calabria Jole Santelli scontrarsi con il governo. Decisa a riaprire bar e ristoranti nel mese di maggio, la governatrice non ricevette un trattamento diverso rispetto al collega Ceriscioli. “Mi auguro che la presidente Santelli segua le regole che disciplinano la vita delle nostre istituzioni. Sa che quell’atto è illegittimo”, dichiarò il ministro Boccia, confermando l’idea che i decreti emanati dal premier abbiano sempre avuto un maggior valore rispetto alle ordinanze dei presidenti delle Regioni.
Di scontri fra l’esecutivo ed i governatori se ne potrebbero ricordare molti altri. Impossibile dimenticare, ad esempio, una certa affermazione del premier risalente alle fasi iniziali dell’emergenza: “Se non arriviamo a un coordinamento si renderanno necessarie misure che conterranno le prerogative dei governatori. Al momento le escludo, ma se dovesse aumentare il livello di emergenza adotteremo misure straordinarie”, disse Conte a “Radio Uno”.
Con simili premesse, come può ora il premier Conte affermare che la Regione Lombardia avrebbe potuto agire autonomamente, in caso di necessità, nella gestione dell’emergenza?
il giornale.it