Profughi in rivolta nel Trevigiano, rifiutano il tampone. FdI: “La legge vale anche per loro”
Un operatore afghano positivo al coronavirus al centro migranti ha scatenato la rivolta di trecento profughi, a Casier, in provincia di Treviso. Questa mattina, gli immigrati hanno inscenato una protesta nell’ex caserma Sererna. Motivo dell’ira dei profughi? Il piano di tamponi previsto dall’Usl 2 dopo un caso di positività nella struttura. Un immigrato, rientrato in caserma dopo le ferie in Pakistan, aveva iniziato ad accusare una febbre persistente. Una volta eseguito il tampone è risultato positivo. Immediato il piano di prevenzione dell’Usl2. I controlli dovevano iniziare stamattina ma sono stati interrotti dalla protesta dei migranti che temono una nuova quarantena e un ulteriore stallo delle loro attività. All’ex caserma Serena sono intervenuti carabinieri, polizia, vigili urbani e operatori dell’azienda sanitaria per cercare di far rientrare l’emergenza. Il sindaco Renzo Carraretto ha assicurato che ogni datore è stato correttamente informato sulla vicenda e ha sottolineato che la procedura sarà attuata nel più breve tempo possibile, a cura delle autorità sanitarie.
De Carlo commenta la rivolta dei profughi
“Gli italiani hanno sopportato per mesi le leggi che hanno imposto la quarantena e che hanno minato la nostra economia, la rispettino anche i profughi senza alimentare altre pericolose tensioni”. Così il deputato e coordinatore veneto di Fratelli d’Italia, Luca De Carlo, commenta la rivolta dei profughi nel Trevigiano.
“Chi è venuto a contatto con una persona positiva deve essere sottoposto a tampone e rispettare la quarantena. Lo stabiliscono le leggi di quello stato che ospita tutti quei signori che questa mattina hanno protestato”, sottolinea De Carlo. “Lo devono fare per tutelare la loro salute e quella di chi può venire a contatto con loro in strada, nei negozi e nei posti di lavoro: si rischia di accendere un nuovo focolaio e di lanciare l’ennesimo allarme sanitario, dopo che mesi di sacrifici hanno portato finalmente a una situazione quasi di normalità. Tutto questo non è accettabile”. “Qui si gioca con la vita delle persone. È fondamentale intervenire. Mi attiverò per ridare una vita “normale” a chi vive nelle nostre città”. (Foto di repertorio dell’Ansa del centro profughi di Torino)