“O l’Italia farà le riforme, oppure niente soldi”. Così Bruxelles ci porterà alla rovina
Roma, 11 giu – Per mesi gli europeisti più trinariciuti ci hanno assicurato che Mes e Recovery Fund non hanno «condizioni» (o comunque sarebbero «leggere»), e che pertanto sarebbe sciocco non prendere questi soldi che Bruxelles ci sta elargendo con tanta generosità. Peccato solo che le cose non stiano affatto così. Che sul Mes pesino ben chiare condizioni lo sanno anche i sassi (cioè Repubblica), ma non Gentiloni. O meglio, Gentiloni lo sa benissimo, solo che l’ex premier lavora per il re di Prussia, non certo per il valvassino di Roma. Stesso discorso per quanto riguarda il Recovery Fund, che le condizioni le ha eccome.
Moavero svela i piani di Bruxelles
Complottismo? Fake news diffuse dai soliti sovranisti bufalari? Ci dispiace ma non è così. E a confermarlo è anche l’ex ministro degli Esteri Enzo Moavero, che l’altro ieri ha illustrato molto bene la situazione alla commissione Politiche Ue della Camera. Per ciò che concerne il Recovery Fund, infatti, l’ex inquilino della Farnesina ha spiegato che «la spesa dei fondi sarà gestita direttamente dalla Commissione europea con regole e controlli inusuali e meticolosi». E questo perché Bruxelles pretende «riforme strutturali in linea con le raccomandazioni che ogni anno l’Unione indirizza agli Stati». Tradotto: austerità, lacrime, sangue e stridor di denti.
Sovranità addio
E se l’Italia non fa queste riforme? «La Commissione congelerà i soldi e li cancellerà definitivamente se per 18 mesi non vedrà progressi tangibili», ha spiegato Moavero in un’intervista a Repubblica. Bruxelles, infatti, «risponde legalmente per l’uso dei fondi e dunque sarà molto attenta e darà ferme indicazioni ai governi beneficiari». E che cosa pretende l’Unione europea dall’Italia? «Esige anche riforme strutturali. Significa eliminare le sclerosi che ci frenano. Dobbiamo semplificare la macchina dello Stato, evitarne le interferenze, delimitare le responsabilità, definire bene passaggi e ruoli», dice Moavero. In pratica, per avere i soldi l’Italia deve calarsi le braghe, cedere sovranità e pure dire «grazie».
«Ce lo chiede l’Europa»
Insomma, il Recovery Fund non solo non è affatto un «bazooka», come millantato dai talebani dell’europeismo, ma è un vero e proprio trappolone. Ma allora perché il Partito democratico si ostina a volerlo a tutti i costi, quando ci sono ben altri strumenti da poter utilizzare senza legarci da soli il cappio al collo? Per capirlo, basta leggere un editoriale di Stefano Folli pubblicato pochi giorni fa sulle colonne di Repubblica. Come spiega Folli, «aderire al Mes significa entrare in un percorso ben definito, ancorando l’Italia a criteri precisi per la gestione futura del debito», cioè vuol dire vincolare ancora di più l’Italia alle politiche di austerità. Accedere al Mes, inoltre, «equivale a entrare fino in fondo nei meccanismi della nuova Europa immaginata da Angela Merkel a conclusione del suo lungo mandato», insomma significa asservirci definitivamente a Bruxelles. Ormai lo scrivono chiaro e tondo. Senza infingimenti. Senza vergogna.
Valerio Benedetti