Salgono i casi nel focolaio del San Raffaele: nella clinica ora arrivano i Nas
Sono saliti a 41 i casi di coronavirus all’Irccs San Raffaele Pisana di Roma. Il focolaio è “circoscritto”, assicura l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato.
“Ma non bisogna abbassare la guardia”, avverte. Il cluster nell’istituto specializzato in riabilitazione preoccupa la Capitale. Per arginare la diffusione del contagio sono previsti test a tappeto. La chiave è nel “contact tracing”. Per questo oltre 1800 persone, tra parenti e contatti stretti dei pazienti dimessi dalla struttura nelle ultime tre settimane, saranno chiamati ad effettuare il tampone nei drive-in allestiti dalla Asl Roma 3 nell’ex ospedale Forlanini e in via di Casal Bernocchi.
Secondo quanto ricostruito dalla prima fase dell’indagine epidemiologica, ad aver portato il Covid all’interno della struttura sarebbe stato un fisioterapista, all’inizio di maggio. Dalla direzione sanitaria, però, dichiarano al Messaggero che l’operatore sarebbe stato autorizzato dalla Asl a riprendere l’attività lavorativa dopo aver osservato un periodo di isolamento di 14 giorni ed essere risultato negativo a due tamponi. “Perché non hanno attivato allora il contact tracing?”, incalzano dalla clinica.
Per fare luce sulla vicenda e per verificare che nella struttura siano stati rispettati tutti i protocolli di sicurezza, al San Raffaele sono attesi anche i carabinieri dei Nas. L’obiettivo degli accertamenti è soprattutto quello di capire cosa non ha funzionato e individuare il punto debole che ha consentito al virus di insinuarsi all’interno della clinica, per evitare che lo stesso possa verificarsi altrove.
Ad occuparsi del tracciamento dei contatti è il Servizio Regionale per l’Epidemiologia, Sorveglianza e controllo delle Malattie Infettive. Gli specialisti, secondo quanto riferisce il Messaggero, avrebbero anche scoperto che tra i positivi al Covid ci sarebbero alcuni pazienti dimessi il 29 maggio. Nel mirino, quindi, ci sono i controlli effettuati sia nel periodo di degenza, sia negli ospedali di provenienza dei malati.
Ed è scontro tra Regione e San Raffaele su una sperimentazione partita all’interno della clinica che, sempre secondo il quotidiano di via del Tritone, “prevede tre tamponi e il controllo degli anticorpi”. Secondo la clinica la ricerca sarebbe stata supervisionata dal Ministero della Salute. Ma alla sottosegretaria Sandra Zampa, ospite stamattina di Omnibus su La7, “non risulta che il ministero stesse partecipando ad una sperimentazione” all’interno del San Raffaele.
“Più che cercare responsabilità, bisognerebbe fare in modo di evitarlo e attuare le misure che servono, in questo il San Raffaele sta andando nella direzione giusta”, commenta Zampa. “Rispetto a febbraio – aggiunge – oggi abbiamo imparato cosa si deve fare: chiudere immediatamente e rintracciare tutte le persone”. Dalla struttura, trasformata in zona rossa, 24 persone sono state trasferite allo Spallanzani e in altri Covid center della Capitale.
Tra gli infettati ci sono anche nove dipendenti. Per quelli risultati negativi al tampone, che continuano a lavorare all’interno del nosocomio, invece, è previsto l’obbligo di rimanere presso le proprie abitazioni ed evitare contatti con altre persone. Per ora sono sette i contagiati esterni alla clinica. Si tratta di familiari e conoscenti dei ricoverati che hanno contratto il virus all’interno della struttura.
“Questo focolaio dimostra che non bisogna abbassare il livello di attenzione e occorre mantenere il rispetto dei protocolli, si legge in una nota diffusa ieri dall’assessorato alla Salute della Regione Lazio, mentre si attende il completamento dell’indagine epidemiologica.
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