“Il Covid per 9 giorni su una banconota”. E così ora ci tolgono i contanti
Con il diffondersi dell’epidemia causata dal nuovo coronavirus, la necessità di pagare le spese con pagamenti digitali e soldi elettronici si è imposta nel quotidiano di tante famiglie italiane.
Soprattutto all’inizio, quando la trasmissione della nuova malattia era il principale motivo di preoccupazione tra le persone. I primi ad avvertire di un pericolo di contagio attraverso le banconote erano stati gli amministratori di Wuhan, in Cina, dove il Covid-19 si è mostrato in tutta la sua potenza tra dicembre e gennaio. A febbraio, infatti, i funzionari cinesi hanno avvertito del pericolo e hanno iniziato a disinfettare le banconote.
Denaro veicolo di contagio
Ma l’attenzione a non toccare troppo i soldi non ha riguardato solo i cinesi. Come riportato da Affari& Finanza, infatti, nelle scorse settimane, anche l’Organizzazione mondiale della Sanità ha confermato che il denaro poteva essere motivo di contagio, in quanto veicolo di virus e batteri. E, infine, ad aprile, il Journal of Hospital Infection ha avvertito che il nuovo coronavirus può resistere sui soldi di carta fino a nove giorni, a temperatura ambiente.
La tendenza italiana
In Italia, dopo la diffusione della nuova malattia, i pagamenti digitali hanno iniziato a crescere in modo significativo e dal 1° luglio, la soglia massima di utilizzo dei contanti dovrebbe scendere da 3mila a 2mila euro. Finora, l’Italia si trovava agli ultimi posti nelle classifiche Ocse e dell’Unione europea per l’utilizzo del denaro elettronico; non più del 29% dei pagamenti, infatti, avveniva tramite digitale e all’interno di questa quota, per il 90%, le operazioni avvenivano con carte tradizionali. Le transazioni, durante il periodo di lockdown, sono quasi raddoppiate, come spiega Alberto Dalmasso, amministratore delegato di Satispay, un’applicazione per i pagamenti slegata dalle carte di credito, che “lavora” direttamente con il conto corrente. “Il volume delle transazioni gestite da noi è salito dai 23 milioni di febbraio ai 40 milioni di maggio. Oggi 155mila negozi usano il nostro sistema ‘consegna e ritiro’ per vendere a distanza”, ha confermato l’ad. Più o meno la stessa cosa è accaduta con Fabrick, una start-up che costruisce servizi digitali e ha ottenuto da poco, da Bankitalia, la licenza quale istituto di pagamento, che ha portato da 700mila a 1,5 milioni al giorno le chiamate alla sua piattaforma. Giulio Rattone, chief information officer del gruppo, ha spiegato che durante la quarantena la domanda è stata tale che Fabrick ha portato l’organico da 110 a 122 tecnici.
Una forma di necessità
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nell’assemblea del 29 maggio, ha spiegato che l’incidenza degli acquisti online di beni primari sulle spese con carta è salita dal 23% al 40% di aprile, sostenuta dall’alimentare con il +170%. Enrico Trovati, responsabile merchant solution di Nexi, ha commentato il dato e ha detto: “Probabilmente, il cambio di mentalità e l’approccio favorevole alla moneta elettronica che di necessità hanno dovuto intraprendere tanti piccoli commercianti e imprenditori, rimarrà come elemento strutturale”.
I dispositivi indossabili
Quindi sempre meno soldi di carta e sempre più pagamenti digitali, persino attraverso i dispositivi indossabili, come gli orologi, per esempio. Come riportato dal quotidiano, il professore del Politecnico Giuliano Noci ha spiegato come proprio dall’Oriente si confermi questa tendenza: “Arrrivano sistemi di pagamento basati sul riconoscimento dell’iride o della rete venosa della mano. In Cina, il tassista si stupisce se non paghi con il telefonino”. E secondo Valeria Portale, che dirige l’Osservatorio Digital Innovation sempre del Politecnico, qualsiasi oggetto connesso può pagare con un conto, sia esso un’auto o un elettrodomestico. “Semmai sono da risolvere i problemi di privacy e sicurezza”, conclude Portale.
Tutti i motivi della digitalizzazione
Oltre alla paura del nuovo coronavirus, a spingere i consumatori a pagare in digitale sono anche la tecnologia e la legislazione. La direttiva Psd2 sull’open banking è operativa e ha avviato i servizi di pagamento a molti soggetti (non solo finanziari). Il fine è avere meno banconote in circolazione. Anche perché attorno al soldo di carta esiste un costo. Come ricostruito dal quotidiano, infatti, nel report di marzo 2020, la Banca d’Italia ha stimato un costo di 7,4 miliardi annui (122,5 euro pro capite), appena meno di dieci anni fa. Le carte di credito, invece, costerebbero 850 milioni (dagli 1,1 miliardi della precedente rilevazione) e il loro costo medio, per abitante, scenderebbe da 18 a 12 euro.
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