Dall’estorsione ai conti correnti congelati: lo scandalo Vaticano si allarga
Lo scandalo del palazzo di Londra si allarga. Ieri sera è stato arrestato Gianluigi Torzi, broker molisano, che è accusato d’estorsione e di altre fattispecie. Quello che sta emergendo in queste ore, però, racconta pure di conti correnti congelati dai giudici svizzeri su richiesta di quelli del Vaticano.
La storia che rischia di sconvolgere ancora i sacri palazzi assomiglia molto ad una Vatileaks 3. Ma i singoli ruoli interpretati dai protagonisti della vicenda non sono ancora stati del tutto chiariti. E poi c’è la narrativa: da una parte la volontà di Papa Francesco di far sì che la trasparenza divenga una regola principe del Vaticano; dall’altra le prossimità della “Chiesa in uscita” con un mondo frequentato da broker e finanzieri che possono non muoversi in un contesto troppo caritatevole. Questo pontificato era iniziato col domandarsi se il Vaticano avesse davvero bisogno di una “banca”. I risvolti di questi giorni narrano di un ambiente dove l’economia sembra contare parecchio. Ma procediamo per gradi.
L’arresto di Torzi
Il Vaticano non riesce ad acquisire del tutto il palazzo di lusso sito a Londra, che forse pensava di aver comprato del tutto. La Santa Sede non ha la piena disponibilità dell’immobile perché in auge c’è ancora una partecipazione del fondo Athena, che fa riferimento a Raffaele Mincione. La volontà, che pare fosse dell’uomo che aveva sostituto il cardinale Angelo Becciu in qualità di sostituto della segreteria di Stato, ossia di monsignor Pena Parra, era quella di liberare il palazzo dalle quote che non fossero direttamente della Santa Sede. E dunque nasce l’esigenza di quella che in gergo si chiama “intermediazione”. A questo punto, spunta la figura di Gianluigi Torzi, che qualcuno avrà pur presentato agli organi deputati a dare l’ok all’operazione. Il resto è cronache di queste ore, con la presunta truffa e la presunta estorsione che sarebbero state messe in atto nei confronti della Segreteria di Stato. Viene riportata anche una cifra, 15 milioni di euro, che Torzi avrebbe strappato in seguito ad una trattativa avviata con alcune alte cariche. Le ricostruzioni di queste ore sono dettagliate. Su La Stampa, per esempio, si legge di come Torzi sarebbe riuscito nell’intento di evitare che il Vaticano riuscisse ad ottenere la proprietà assoluta dell’immobile. Da qui, il principio di un pendio scivoloso che si sarebbe declinato mediante riunioni tra Torzi, funzionari ed alte sfere ecclesiastiche. Summit che avrebbero dovuto consentire alla Santa Sede di poter finalmente disporre del lussuoso palazzo, in cambio di una cifra. Vengono fatti i nomi dei presenti a questi consessi: il sostituto Parra, appunto; il rettore della Marconi Renato Giovannini; Giuseppe Maria Milanese, vertice di una cooperativa sanitaria che è considerato vicino a Papa Francesco; un avvocato della Ernst & Young. Tutto, insomma, sarebbe stato finalizzato ad uscire dal vicolo cieco. Ma qualcosa non va come immaginato. E Torzi, questo è il succo della versione per cui c’è stata l’evoluzione di queste ore, avrebbe cercato di ottenere di più. Tanto che un monsignore di rilievo come Perlasca ed un funzionario come Tirabassi avrebbero addirittura proposto di passare dal Fondo discrezionale del pontefice. Ipotesi cassata da monsignor Mauro Carlino, uno di quelli che risultano sospesi tra i membri della Segreteria di Stato. Una storia complessa, come si vede, che con ogni probabilità presenterà ulteriori sviluppi.
I conti correnti congelati
Ma la questione che riguarda la presunta estorsione di Torzi non è l’unica a tenere banco in queste ore. Stando a quanto si legge su Il Corriere della Sera, alcuni conti correnti svizzeri sarebbero stati sottoposti a sequestro dopo un’indicazione arrivata diretamente dalla magistratura della Santa Sede. Anche in questa circostanza vengono riportati dei nomi: il primo è quello di Raffaele Mincione, che è indagato. Il secondo è quello di Fabrizio Tirabassi, che avrebbe partecipato anche ai summit cui era presente Torzi. Poi viene fatto quello di Perlasca, un consacrato il cui nome viene spesso fatto in relazione a questa vicenda. E ancora Enrico Crasso, che è il vertice di un fondo maltese denominato Centurion. Infine, si fa il nome di Torzi. Queste sarebbero le persone interessate dal congelamento dei conti correnti della Credit Suisse, che ha tuttavia sottolineato al Corriere di non essere soggetta ad alcuna indagine, ma di collaborare “con le autorità nel rispetto delle normative vigenti”. Vale la pena rimarcare come Tirabassi e Perlasca siano a loro volta indagati. Esisteva una filiera? La risposta, positiva o negativa che sia, necessita di tempo. Ieri, nel comunicato della Santa Sede, è stato specificato che le “vicende collegate alla compravendita” hanno “coinvolto una rete di società in cui erano presenti alcuni Funzionari della Segreteria di Stato”. Torzi, nel caso il quadro dell’accusa trovasse conferma, avrebbe agito in solitaria o con l’avvallo di qualcuno?
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