Una nazione fondata sull’evasione fiscale: è l’Olanda il vero parassita
Roma, 30 mag – Indovinello. Ci sono due nazioni: una tiene i conti sotto controllo (almeno stando ai desiderata Ue) con consistenti avanzi primari di bilancio da trent’anni, ha una posizione sull’estero ormai in territorio positivo – il che, accostato ad un rilevante surplus di bilancia dei pagamenti, la rende perfettamente solvibile salvo atti di sabotaggio economico – e almeno fino al 2007, prima cioè dell’esplodere della crisi legata i mutui subprime, riduceva costantemente il proprio debito pubblico e vale l’11% del Pil europeo; l’altra invece ha fatto anni di deficit ben superiori alla nota “regola” del 3%, vale meno del 5% del Pil Ue e le sue finanze campano a scapito di quelle degli altri. Quale di queste è l’Italia e quale invece l’Olanda? Roma risponde alla prima descrizione, Amsterdam alla seconda.
Sorpresi? Non più di tanto, a guardare i dati che raccontano una verità ben lontana dall’ignobile copertina pubblicata ieri dal settimanale Elsevier Weekblad. Dalla Germania ai suoi vicini – quelli della presunta superiorità (che non ha) dell’etica calvinista e via di banalità in banalità – il filone dello sparo ad alzo zero nei nostri confronti è una misera prassi ormai consolidata. Nihil sub sole novi. Non fosse che la tanto decantata “virtuosità” dei paesi nordici – ha più di qualche scheletro nell’armadio.
Ma quale industria
“Parassita”, il termine usato dal settimanale di sua maestà lil re Guglielmo Alessandro, si usa per descrivere chi vive a spese di altri. Generalmente riferito agli insetti, trova trasposizione anche nei rapporti fra gli esseri umani. Stati compresi. L’Italia, insomma, stando a quanto vorrebbe sottintendere la testata, sarebbe un parassita in quanto anelerebbe ad accedere gratis et amore dei agli stanziamenti del Recovery Fund, frutto del duro lavoro in fabbrica dei cittadini olandesi che pagherebbero così le nostre vacanze.
Partiamo dal fatto che la rappresentazione del lavoratore medio dei Paesi Bassi come operaio in fabbrica lascia il tempo che trova: l’Olanda non è più da tempo – Elsevier Weekblad avrebbe bisogno di un bel ripasso dei fondamentali macroeconomici – un’economia industriale in senso stretto, con la quota della manifattura sul Pil ai minimi storici (mai sentito parlare di male olandese?) mentre l’Italia mantiene la terza piazza (non più la seconda, nonostante la vulgata) in seno all’Ue e distanzia gli arancioni di parecchi punti.
L’Olanda ruba ogni anno 10 miliardi di euro
Senza più un’industria, di cosa campa allora l’Olanda? Di evasione. Non quella dei suoi – onesti, retti e specchiati – cittadini, s’intende, ma di quella delle grandi aziende che, sfruttando la perfetta mobilità dei capitali – e qui ringraziamo l’Ue – hanno spostato agevolmente la propria sede legale proprio nella terra dei tulipani, dove possono godere di particolari benefici dal punto di vista fiscale, senza tasse sulle royalties, imposizione bassissima sui dividendi e su altri diritti intellettuali.
Uno scippo in piena regola e perfettamente legale – anzi, assolutamente tutelato da Bruxelles – ma non per questo accettabile. Specie se il beneficiario è poi il primo a farci la morale, quando – stando ad una ricerca internazionale condotta dalle università della California, Berkeley e di Copenhagen – il 40% dei suoi introiti dalla tassazione delle attività d’impresa deriva proprio da queste pratiche, che permettono ad Amsterdam di incamerare oltre 10 miliardi l’anno di gettito, di cui 842 milioni letteralmente sottratti alla sola Italia. Chi è il parassita adesso?
Filippo Burla