I fari dei pm su un business da 4 milioni
Foggia La Procura di Foggia indaga per verificare se dietro il feroce destino delle vittime dell’ultima strage sulle strade di Puglia si celi l’ombra del caporalato, che macina milioni di euro sulla pelle di disperati spediti per ore a raccogliere il pomodoro sotto il sole rovente di Capitanata.
Ma nello stesso tempo, dopo l’incidente di due giorni fa in cui hanno perso la vita dodici braccianti africani e quello di sabato che ha provocato altre quattro vittime, si muove anche il governo. «Dobbiamo rafforzare gli strumenti di controllo e prevenzione, e introdurre misure di sostegno al lavoro agricolo di qualità», dice il premier Giuseppe Conte da Foggia, dove ieri è arrivato anche il ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Dietro queste morti non c’è dignità ma c’è un lavoro sfruttato, e dobbiamo fare in modo che questo non accada», dichiara il presidente del Consiglio, che incontra una delegazione di braccianti e rappresentanti sindacali, e indica la strategia per arginare una piaga aperta da svariati decenni nel cuore di una fetta di Sud Italia che è terra di caporali e nuovi schiavi. «Si tratta anche spiega Conte, pugliese di Volturara Appula, una quarantina di chilometri da qui di utilizzare meccanismi incentivanti per gli imprenditori. Lavoro e dignità sono due concetti che costituiscono un binomio inscindibile».
Da almeno quarant’anni la dignità da queste parti è stata sepolta sotto i cassoni di pomodoro riempiti da braccianti costretti a pagare un pizzo di cinque euro per raggiungere i campi, ammassati in pulmini sgangherati come quello che lunedì si è andato a schiantare contro un tir: a bordo erano in 14, si sono salvati in due, feriti insieme al conducente del camion che arrivava dalla corsia opposta, Rocco Abate, 57 anni, che ricorda di aver visto il furgone mentre gli veniva addosso. «Prego per loro», dice mentre nella prefettura di Foggia si mette a punto un piano per cancellare il caporalato dalla faccia di Capitanata.
Secondo quanto emerso da vecchie indagini di polizia, carabinieri e Direzione investigativa antimafia, i clan nella sola area del ghetto tra Rignano Garganico e San Severo guadagnano ogni anno oltre 4 milioni di euro tra luglio e agosto. Ogni bracciante frutta alle cosche 17 euro e mezzo: il racket non intasca solo una percentuale di 50 centesimi per ogni cassone di pomodoro, ma impone le tariffe per materassi, acqua, panini, ricariche telefoniche, qualsiasi cosa serva per conservare un posto da schiavo.
Il procuratore di Foggia, Ludovico Vaccaro, spiega che dopo le ultime stragi sulla strada sono state avviate inchieste che vanno in una duplice direzione: fare luce sulla dinamica degli incidenti, ma anche su sfruttamento e intermediazione di manodopera. E chiede «interventi straordinari per risolvere una situazione tragica, disumana». IL GIORNALE.IT