Strage dei braccianti, Salvini mette nel mirino la mafia dei clandestini
Il lavoro, lo sfruttamento, il caporalato. Ma anche la mafia e l’immigrazione. C’è tutto questo nella convulsa ricerca delle ragioni di una tragedia che in due giorni ha visto morire, in due incidenti stradali distinti, 16 braccianti stranieri nel foggiano.
Le dichiarazioni rompono il silenzio del lutto insieme con le promesse per evitare che tutto ciò si ripeta. Il governo accorre nei luoghi del dolore, con il premier Giuseppe Conte, che ha incontrato una delegazione di braccianti, e il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha presieduto il comitato per l’Ordine e la sicurezza. Non solo per quelle vite perse tra le lamiere, ma per una piaga che il procuratore di Foggia Ludovico Vaccaro ha definito «tragica, insostenibile».
Lo sfruttamento, gli aguzzini, i campi, le baracche come viscere di un sistema che schiavizza migliaia di migranti costringendoli a condizioni estreme. «La lotta alla mafia e allo sfruttamento è una priorità mia e del governo. Useremo tutte le armi a disposizione per non far nuocere questi delinquenti. Svuoteremo progressivamente i ghetti, non è possibile che in una società avanzata esistano dei ghetti. Dobbiamo inoltre aggredire i patrimoni dei mafiosi che campano con il caporalato», ha detto il titolare del Viminale.
Il tema ritorna così, ancora una volta, prepotentemente in primo piano. È da sempre una delle battaglie bandiera dei pentastellati, che subito dopo gli incidenti sono tornati alla carica per bocca del ministro del Lavoro Luigi Di Maio: «Penso a un provvedimento urgente per un concorso straordinario al fine di aumentare gli ispettori del lavoro. Il caporalato va estirpato controllando azienda per azienda e non facendo altre leggi per fare un altro comunicato stampa». Bisogna dunque «rafforzare» la legge esistente, rincara anche la ministra Barbara Lezzi.
Eppure, non c’ è solo questo, non c’è solo il caporalato dietro al fenomeno, almeno secondo il titolare del Viminale Salvini. Che riannoda il filo rosso sangue di queste morti e lo lega prima all’emergenza immigrazione («Non sbarcassero migliaia disperati da sfruttare da parte dei delinquenti, sarebbe più complicato per loro far affari») e poi alla mafia, prendendo le distanze dall’alleato di governo: «Questo è un problema di mafia, non di manodopera in nero e caporalato. Bisogna aggredire i patrimoni dei mafiosi che ci campano» e «svuotare i ghetti» dove vivono i braccianti sfruttati. Non si faccia di tutta l’erba un fascio, è l’avvertimento del ministro e segretario leghista. Il quale in passato si era già espresso in modo critico contro la stessa legge che il M5s vorrebbe ora inasprire: «Per alcuni versi può e deve essere migliorata – ha chiarito – e aggiornata per permettere ad agricoltori perbene di poter lavorare legalmente e regolarmente. Ma non voglio e non permetto che l’agricoltura foggiana e l’agricoltura italiana venga etichettata come fuorilegge perché pochi usano mezzi mafiosi per arricchirsi».
La puntualizzazione non sfugge al Pd che punta il dito sull’ennesima contrapposizione in seno all’esecutivo gialloverde: «Il ministro dell’Interno all’assemblea di Confesercenti il 13 giugno diceva che la legge sul caporalato invece di semplificare complica. Anche questa volta si appelleranno al contratto di governo?». IL GIORNALE.IT