“Il virus resta fino a quattro giorni”, la scoperta sulle mascherine
Usare le mascherine, oppure no? Quanto ci proteggono in realtà dal rischio di contrarre il Covid-19? Queste sono soltanto alcune delle domande formulate dagli italiani in questi lunghi giorni di emergenza Coronavirus.
Adesso che le misure di lockdown sono state allentate, con il conseguente avvio della Fase 2 ed il graduale ritorno alla normalità, è più che mai fondamentale saper utilizzare i dispositivi di protezione individuale indispensabili per diminuire il pericolo di contagio. In questi mesi sono state molteplici le opinioni degli esperti: se da un lato alcuni hanno sconsigliato l’utilizzo delle mascherine, ritenendole del tutto inutili se indossate da persone sane, dall’altro in molti hanno raccomandato il loro utilizzo, specialmente negli spazi chiusi.
Deciso a fare chiarezza, l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha affrontato l’argomento in uno studio dal titolo “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza Covid-19” pubblicato sul proprio sito ufficiale. Nel documento, dove si trattano varie tematiche che vanno dalla pulizia di luoghi e superfici, con tanto di descrizione dei detergenti e dei disinfettanti da impiegare, fino alle varie procedure di sanificazione a disposizione, si parla anche di mascherine, caldamente consigliate nella Fase 2.
Il gruppo di ricerca si è particolarmente interessato al tempo di permanenza del virus sui dispositivi, una volta entrato in contatto con essi. Il risultato è sconcertante. Sulla carta il Coronavirus è in grado di resistere al massimo 30 minuti, sui tessuti e sul legno un giorno, su banconote e vetro 2 giorni, ma sulle mascherine protettive può restare dai 4 ai 7 giorni. Necessario fare un distinguo. Dallo studio è emerso che il Covid-19 può infettare lo stato interno delle mascherine chirurgiche fino a 4 giorni, mentre lo strato esterno può restare contaminato fino a 7 giorni. Per questa ragione, dunque, è importante essere scrupolosi.
“I dati riportati sono il frutto di evidenze di letteratura scientifica, ma vanno declinati in base alle situazioni ambientali. Ad esempio, i Coronavirus resistono meglio a temperature basse e in ambienti umidi. Il fatto che sopravvivono, inoltre, non significa di per sé che trasmettano la malattia: se ci sono poche particelle virali, infatti, la carica infettante è minore”, ha spiegato a Tgcom24 il professor Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Iss. “Purtroppo, però, non si conosce quale sia la dose minima per infettare, anche perché dipende dalle difese immunitarie dei singoli individui. Pertanto, bisogna stare sempre molto attenti”, ha aggiunto. È molto importante, ha proseguito il medico, saper trattare nel modo giusto i dispositivi di protezione, una volta utilizzati. “Le mascherine lavabili vanno usate una volta sola e poi messe subito in lavatrice, senza poggiarle sui mobili. Quelle monouso vanno gettate nella raccolta indifferenziata subito dopo l’utilizzo. In entrambi i casi vanno toccate solo sugli elastici, lavandosi prima e dopo le mani. Attenzione infine a non gettarle a terra, il rischio infettivo è minimo ma l’impatto sull’ambiente è alto”, ha dichiarato.
Quanto alle procedure di pulizia di oggetti e/ambienti, il documento dell’Iss tratta anche le varie metodologie, che vanno dalla più semplice detersione fino alla sanificazione, alla disinfezione ed alla sterilizzazione. Si tratta di termini decisamente più noti in ambito sanitario. Ciò che è importante tenere a mente è che ogni procedura ha inzio dalla detersione, che consiste nel rimuove lo sporco e parte dei microrganismi sia attarverso un’azione meccanica che con l’utilizzo del detergente. Si procede quindi alla sanificazione, un”complesso di procedimenti e operazioni di pulizia e/disinfezione che comprende anche il mantenimento della buona qualità dell’aria con il ricambio in tutti gli ambienti”. Con disinfezione, invece, si intende il trattamento di oggetti e superfici con prodotti studiati per abbattere la carica microbica.
Per il trattamento delle mascherine chirurgiche, il Koch Institute ha proposto come soluzione il vapore secco (calore) per 30 minuti.
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