Più di 100 ‘ndranghetisti col reddito di cittadinanza: la truffa scoperta da Gdf
Si preannuncia una nuova bufera sul discusso Reddito di cittadinanza, sussidio mensile destinato ai meno abbienti per il quale il Movimento Cinque Stelle si è tanto battuto.
Col passare del tempo le irregolarità non hanno fatto che accumularsi, ed oggi arriva un’altra sconcertante notizia, secondo la quale a percepire il denaro sono stati anche ben 101 ‘ndranghetisti.
A fare la scoperta gli uomini della guardia di finanza di Reggio Calabria, che sono riusciti ad arrivare ai nomi di tutti i coinvolti attraverso l’operazione denominata “Mala Civitas”. Effettuando degli accurati controlli su circa 500 soggetti con condanna definitiva per associazione mafiosa o per altri reati sempre legati all’attività criminale, le fiamme gialle sono infine riuscite a scoprire che più di 100 di questi ricevevano il sussidio sociale. Un vero e proprio scandalo, dal momento che tali individui non avevano il diritto di beneficiare di un simile privilegio: stando alle regole del Reddito di cittadinanza, coloro che hanno subito una condanna negli ultimi 10 anni non dovrebbero potervi accedere.
Un limite che non ha però fermato i boss ed i loro gregari. Stando a quanto riferito dalla guardia di finanza è stata sufficiente una falsa autocertificazione per presentare la domanda presso gli enti preposti e cominciare a riscuotere il sussidio. Non solo. Gli inquirenti hanno anche il sospetto che qualcuno all’interno di Caf o patronati abbia in qualche modo potuto agevolare i malviventi. Indagini a riguardo sono già state avviate.
Per mesi, dunque, ben 101 ‘ndranghetisti hanno beneficiato del ghiotto sussidio sociale, fingendosi indigenti o disoccupati. Fra i nomi riportati dalla guardia di finanza, spiccano quelli dei Tegano e dei Serraino, ai vertici della ‘ndrangheta, e dei figli di Roberto “Bebé” Pannunzi, boss del narcotraffico a livello mondiale e definito il “Pablo Escobar italiano“. Seguono poi altri importanti soggetti, rintracciati grazie all’operazione che ha coinvolto non soltanto la procura della Repubblica di Reggio Calabria, ma anche i tribunali di Verbania, Vibo Valentia, Palmi e Locri.
Circa 516 mila euro sono dunque finiti nelle tasche dei boss e dei loro affiliati. Stando alle indagini, inoltre, altri 15 individui avevano fatto domanda per ottenere il sussidio, ed erano in attesa della risposta.
Grazie al tempestivo intervento delle fiamme gialle, che hanno immediatamente segnalato la situazione all’Inps, il reddito è stato immediatamente revocato e si è potuto provvedere al recupero della cifra elargita. Se la truffa non fosse venuta allo scoperto, lo Stato avrebbe dovuto sborsare almeno altri 470 mila euro. Una somma ingente, della quale sarebbero entrati in possesso soggetti arricchitisi nel tempo con attività criminali e che in passato avevano subito sequestri milionari.
“Il risultato conseguito, caratterizzato in questo periodo da una diffusa richiesta di sussidi pubblici per sopperire alle difficoltà connesse alla pandemia da Covid19 in atto, testimonia l’approccio multidisciplinare e trasversale dell’azione sviluppata nelle attività di servizio dalla guardia di finanza, che opera costantemente allo scopo di assicurare che le misure di sussidio apprestate dallo Stato siano effettivamente destinate alle fasce più deboli e bisognose della popolazione e non siano invece preda di individui disonesti ed irrispettosi delle leggi”, hanno dichiarato con soddisfazione gli inquirenti che si sono occupati di condurre le indagini, come riportato da il “Corriere“. In seguito alla scoperta, i responsabili che avevano usufruito del reddito sono stati denunciati.
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