Coronavirus: dai ritardi alle chiusure, l’epidemia peggio gestita nella storia italiana
Roma, 16 mag – Nella confusione generale e nella totale incapacità del governo di gestire l’emergenza economica conseguente al coronavirus, occorre ripercorrere le tappe di ciò che è accaduto in Italia negli ultimi mesi. Chi scrive ha vissuto varie epidemie: dalla poliomielite al colera, dal virus sinciziale respiratorio alla Mers e, poi, alla Sars, da cittadina e da medico pediatra, ma mai avrei pensato di vivere questa fase epidemico-pandemica da coronavirus, in modo così scriteriato, approssimativo e irresponsabile.
Tutti i mesi persi dal governo
Che fosse in arrivo questa epidemia lo si sapeva da molto tempo prima che scoppiasse in Italia e la sottovalutazione da parte del governo ha permesso che si perdesse tempo prezioso per l’approvvigionamento dei famosi “dispositivi di sicurezza” di cui, ahimè, siamo ancora parzialmente sprovvisti.
Come pure la sottovalutazione, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, dei casi di polmonite, nelle regioni del nord, non rispondenti alle abituali terapie e più volte denunciati dai sanitari, non sono stati presi nella dovuta considerazione, permettendo così al coronavirus di diffondersi con rapidità. Alcuni mesi persi, senza mettere in piedi nessuna strategia seria per il contenimento della malattia né per la protezione degli operatori sanitari.
Quando, poi, il problema è scoppiato in tutta la sua virulenza – e non sarebbe mai dovuto accadere – si è capito che, nonostante la robusta presenza di scienziati governativi e televisivi, chi doveva essere sacrificato sul campo erano medici e operatori sanitari, obbligati per legge a prestare soccorso anche in mancanza di strumenti idonei al proprio lavoro. E hanno pagato contraendo la malattia e perdendo, in tanti, la vita e facendo diventare anche gli ospedali veicolo di trasmissione del virus.
Coronavirus: l’epidemia peggio gestita della storia
Nelle epidemie che la nostra nazione, negli anni passati, ha dovuto affrontare, non si è mai visto quello che è accaduto oggi. A fronte della totale incapacità di gestire il problema, che altre classi politiche nel passato hanno gestito di concerto con le autorità sanitarie, in modo egregio, e con autorevolezza, si è ricorso al modo più semplice e cioè alla chiusura totale con DPCM palesemente incostituzionali, devastando il tessuto economico e sociale italiano e proclamando lo stato di emergenza nazionale.
Ma quando mai tali provvedimenti, così gravi e distruttivi, sono stati presi nelle precedenti epidemie che ha affrontato la nostra nazione? Ma quando mai sono state chiuse le scuole, le università, i pubblici esercizi, gli uffici, le fabbriche e ogni attività socio-economica del nostro Paese?
I cittadini italiani sono stati messi tutti in “quarantena” perché il terrore di non sapere governare la situazione e il rischio di crollo del Sistema Sanitario Nazionale, ampiamente depauperato, negli anni, della medicina territoriale e delle rianimazioni, hanno indotto il governo ad assumere questa decisione. Ma quanti Italiani affetti da altre malattie non hanno ricevuto, e non ricevono ancora, le cure necessarie? Così risponde un Paese civile ad eventi sicuramente impegnativi, ma per i quali ogni governo che si rispetti dovrebbe avere dei piani epidemico-pandemici da attivare immediatamente in caso di necessità?
Oggi, nonostante regioni ancora in sofferenza ma che sicuramente si riprenderanno e a cui va ogni solidarietà, la curva epidemica è in discesa, i contagi si vanno riducendo e applicando le normali misure igieniche – quelle sì da raccomandare – si può riprendere a “vivere”, consentendo anche una vera ripresa delle attività.
Dovremo convivere con il coronavirus come conviviamo con altre malattie infettive, sperando in un vaccino che potrebbe anche non arrivare presto, visto che i coronavirus sono una famiglia molto numerosa. Molte terapie, al momento, ci sono e le stanno usando con buoni risultati nei centri di eccellenza italiani e, dopo la sperimentazione, diventeranno protocolli uniformi in tutti gli ospedali. Ma prolungare l’agonia dei cittadini e del motore economico nazionale è una scelleratezza intollerabile, così come è intollerabile prorogare il decreto di emergenza nazionale a gennaio 2021. E’ il momento di spiegare a questo governo che l’Italia vuole il lavoro, lo sblocco delle opere pubbliche, una sanità efficiente, dotata di mezzi per le cure e per gli operatori sanitari, di risorse per la messa in sicurezza del territorio, delle scuole, degli edifici pubblici, dei ponti e di ogni cosa che possa coniugare il lavoro con la crescita, al fine di rendere più bello e sicuro il nostro Paese.
Maria Teresa Baione