“Viale Jenner va chiusa”. I residenti esasperati si affidano a Salvini

«Buongiorno Ministro, le scrivo da viale Jenner, 50 Milano. A nome di tutti i cittadini residenti nella zona: siamo esasperati».

Inizia così, con i modi e i toni molto diretti di chi non desidera altro che andare direttamente al punto, la lettera-preghiera, indirizzata su Facebook al ministro degli Interni Matteo Salvinida parte dei residenti degli stabili attorno all’istituto culturale islamico.

Quella che in città è conosciuta da tutti genericamente come «la moschea» e raduna per la preghiera la maggiore concentrazione di fedeli musulmani che abitano a nord di Milano (solo il rito del venerdì mattina, molto più affollato, si tiene al Palasharp di Lampugnano) negli ultimi dieci giorni sta concentrando su di sé molta, troppa attenzione. All’interno della comunità c’è infatti una lotta tra due fazioni distinte e riottose che da giorni cercano senza riuscirci un accordo: da una parte c’è quella che appoggia il direttivo, guidato dall’egiziano 53enne Youssef Farag Abdelhamid, dal novembre scorso subentrato ad interim per statuto come presidente del centro culturale islamico ad Abdel Hamid Shaari, impossibilitato a mantenere il suo ruolo; l’altra è formata invece dai molti fedeli che gravitano attorno a un altro egiziano, Elnadi Abdelghani Im Elbeltagi, 47 anni, da due seguitissima guida coranica della comunità maomettana che gravita intorno a viale Jenner e licenziato appunto dal direttivo martedì 31 luglio con una lettera formale. Le ragioni di questa «cacciata» sono quelle raccolte dalle forze dell’ordine e motivate proprio nel documento consegnato all’imam, nel quale lo si accusa esplicitamente di essere «spinto dal desiderio di sostituirsi al direttivo». Per questa ragione Abdelghani avrebbe «messo in cattiva luce il presidente Farag».

Perché mai la guida spirituale criticherebbe il direttivo? In viale Jenner 50 le voci che si rincorrono con insistenza parlano di colpe attribuite da Abdelghani e dai suoi seguaci ai vertici dell’istituto nella «cattiva gestione economica», una situazione portata a galla dall’imam e che a suo dire andrebbe avanti da molto tempo. Mentre Farad al momento non si sbilancia in dichiarazioni ufficiali ieri il suo antagonista, entrando nella moschea per la preghiera pomeridiana ha dichiarato in arabo «L’imam sono sempre io e ora qui tutto è tranquillo».

Sarà. Ma come precisano nella missiva a Salvini gli abitanti di viale Jenner «da mesi, nel centro islamico si fa a botte ed è un miracolo se non è successa una tragedia. Giorni fa uno dei frequentatori dell’istituto con una catena, tipo quella per legare gli scooter, ha colpito un altro alle spalle».

Ogni pomeriggio e ogni sera, infatti, le liti al termine della preghiera dopo il licenziamento dell’imam si susseguono con preoccupante frequenza nel cortile di viale Jenner 50. Dopo la rivolta plateale di venerdì al Palasharp – dove la stragrande maggioranza degli uomini, come testimoniano i numerosi video realizzati con il telefonino, prima di raccogliersi in preghiera, ha gridato più volte «Harami! Harami!» che in arabo significa «ladri» – la sera sono dovuti intervenire in viale Jenner i carabinieri e la Digos, chiamati dai residenti; sabato mattina e sabato sera le forze dell’ordine in borghese li hanno tenuti d’occhio mentre, sempre in maniera animata, le due fazioni cercavano inutilmente di trovare una intesa. L’apice, per ora, è stato raggiunto domenica, poco prima delle 22. Quando un 28enne e un 45enne che avevano litigato all’interno della moschea, si sono poi presi a pugni all’esterno, sul marciapiede, davanti agli altri fedeli; sul posto sono arrivati i carabinieri e due ambulanze che hanno trasportato i contusi in ospedale. Anche in quel caso a lanciare l’allarme sono stati i residenti, preoccupati che la situazione degenerasse e, ovviamente, spaventati.

«Le forze dell’ordine sono qui a placare gli animi, per cercare di mettere in sicurezza qualcosa che legalmente non ha alcun senso: il locale è fatiscente, metà sequestrato dai vigili del fuoco per mancanza di agibilità. Perché deve andare avanti la cosa? Perché mantenere questa situazione precaria? – prosegue la lettera -. Le nostre mogli e i nostri figli ogni giorno transitano sul marciapiede di viale Jenner e se oggi o ieri qualcuno di loro si fosse trovato nel momento dei tafferugli e fosse stato colpito da una catenata oggi saremmo qui a discutere della tragedia».

Infine i residenti rivolgono una vera e propria preghiera al ministro dell’Interno. «A nome di tutti, risolva questa situazione. Non è razzismo, ma è senso civico, è legalità, ma soprattutto sicurezza, quella sicurezza che da cittadini italiani siamo certi di aver meritato. Ci aiuti. Grazie».  IL GIORNALE.IT

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